Un calcio all’Italia del pallone e non solo

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Riceviamo e pubblichiamo questa lettera dell’imprenditore Angelo Bruscino.

Egregio Direttore,
in questo Paese di incertezze, poche e granitiche erano le convinzioni dell’italica gente: il buon cibo, la cattiva politica, il Papa a Roma e la nazionale ai mondiali!
Da qualche giorno di certezze ne abbiamo una in meno, ed anche se avremmo preferito depennare dall’elenco “la cattiva politica”, ci è toccato assistere all’ingimmaginabile: nello stivale da sempre dedicato ed appassionato alle circonferenze del pallone non ci si è qualificati ai mondiali in Russia del 2018.
Gli undici uomini in campo sono da sempre blasone e metafora di un Paese che si rispecchia nei vizi e nelle virtù di giocatori e squadre, ed è quindi impossibile non creare una similitudine tra una nazionale semplicemente “stanca” ed il resto dell’Italia.
E’ un pò la cartina di tornasole in salsa nostrana, dove le giovani leve sono ‘riserve’ (da non utilizzare, neppure nel momento del bisogno) e i veterani in prima linea, che non ne vogliono proprio sapere di appendere quelle scarpette al chiodo! Fondamentale il connubio generazionale tra esperienza e tenacia affinchè un’opportunità diventi una grande impresa non si è realizzato dentro e fuori il quadrato di gioco.
Il campo ha giudicato il nostro management sportivo, le gambe, il fiato e soprattutto la convinzione di chi doveva correre e l’ha trovato mediocre. Nello sport vince banalmente chi è migliore, chi ha merito, chi si è allenato, chi ha dato il cuore, chi ci ha creduto, chi non si è arreso mai, chi si è davvero sacrificato pur di raggiungere l’obiettivo!
Ci sarà servito? Vedremo!. Per adesso sembra solo che ci si voglia attaccare alla propria poltrona in maniera ottusa ed irresponsabile, e se alziamo lo sguardo dalle pagine rosa del gazzettino scopriamo che anche in economia, come in politica si continua a giocare una partita modesta: una panchina affollata da giovani, i grandi litigi nello spogliatoio per il posto da attaccante o terzino nei collegi, il tentativo continuo di addossare le colpe all’arbitro (a volte europeo) ed altre puntando il dito al Quirinale, la cessione della nostra migliore primavera con l’emigrazione di migliaia e migliaia di ragazzi, la vendita delle nostre eccellenze, dalle aziende della meccanica, al lusso, all’agroalimentare, a quelle sportive.
Insomma il campo di San Siro è stato una metafora dell’Italia tutta !
Forse ora più che mai dovremmo rivedere la squadra, allenatore compreso…!!!
Angelo Bruscino