8 marzo: Hays, timido miglioramento per carriere ‘rosa’ ma strada lunga

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Roma, 7 mar. (Labitalia) – Nonostante la riconferma che l’Italia non è un Paese che facilita le carriere ‘in rosa’, ci sono alcuni timidi segnali che fanno ben sperare per il futuro delle professioniste nel Belpaese. È quanto emerge dall’indagine ‘Donne e Lavoro’ condotta da Hays, società leader del recruitment specializzato, su un campione di 400 professioniste, per offrire un quadro aggiornato su come stanno evolvendo le carriere al femminile nel nostro Paese.

Il 33% delle intervistate, per esempio, afferma di essere riuscita a diventare manager o director, ma sono ancora tante, troppe, le donne che si sentono discriminate o svantaggiate rispetto ai colleghi uomini (53%). Inoltre, 3 su 10 (33%) possono contare su stipendi che oscillano tra i 40 e gli oltre 60 mila euro, ma 1 su 2 (50%) non crede ci sia uguaglianza salariale tra uomo e donna.

“I tempi stanno piano piano maturando: oggi la società – afferma Sofia Cortesi, Finance Director di Hays – inizia a capire che le donne sono un vero e proprio asset e che le aziende dovrebbero valorizzare sempre di più le professioniste di talento. Purtroppo, la strada da percorrere rimane ancora molto lunga: è allarmante che, ancora oggi, per esempio quasi tutte le donne (98%) ritengano l’Italia un Paese non adatto alle professioniste che vogliono fare carriera, e che il 76% guardi all’estero con invidia per poter trovare una situazione migliore”.

Tuttavia, molte aziende italiane si stanno evolvendo per venire incontro alle esigenze delle donne lavoratrici, eliminando gli ostacoli che ne limitano le carriere. L’indagine Hays mette in luce anche alcuni segnali positivi, che si collocano in un quadro generale di continuo miglioramento e di cauto ottimismo. In primis, quasi 1 donna su 2 (49%), per esempio, ritiene di avere pari opportunità di carriera in azienda rispetto ai colleghi uomini.

Un altro dato positivo, segno dei tempi che cambiano, riguarda il delicato equilibrio fra lavoro e vita privata. Il 70% si ritiene appagata, dichiarando di riuscire a conciliare attività lavorativa e vita familiare. Inoltre, le lavoratrici non si sentono più in dovere di rinunciare a qualcosa di sé per raggiungere il successo sul lavoro: più della metà del campione (57%), infatti, sostiene di non aver dovuto sacrificare la propria famiglia, mentre il 55% non ha rinunciato alla propria femminilità, non sentendo la necessità di adottare un atteggiamento più maschile per potersi fare strada sul lavoro.

Tuttavia, sono ancora tante le tematiche su cui si dovrebbero fare ulteriori passi avanti: dalle retribuzioni, per le donne più basse rispetto agli uomini, alle posizioni apicali, ricoperte ancora quasi esclusivamente dai colleghi maschi. Il 49% del campione, per esempio, crede che gli stipendi maggiori siano appannaggio prevalentemente maschile e nessuna delle intervistate crede che le donne guadagnino di più. Inoltre, quasi 7 donne su 10 confermano che, nella propria azienda, la prima linea del management è ancora in gran parte territorio dei colleghi maschi.

L’indagine Hays mette in luce un altro aspetto interessante nella linea di comando: il 60% delle intervistate ritiene che i colleghi reagiscano in maniera diversa riportando a un capo uomo rispetto a un capo donna. I professionisti sembrano sentirsi meno a loro agio se al comando c’è una donna. Un uomo manager al contrario viene considerato più ‘affidabile’ e per questo i lavoratori sono più propensi ad ascoltarlo e a raggiungere gli obiettivi che assegna.

Infine, si chiede alle intervistate di esprimere un giudizio sul team di lavoro composto in prevalenza da donne. Per più della metà del campione (51%), in un ambiente tutto al femminile è facile che si accenda la competizione e la rivalità, con effetti negativi sulle performance lavorative.

E solo per 2 su 10 una squadra tutta al femminile può rappresentare un vantaggio per la produttività, perché le colleghe sono più propense ad aiutarsi tra loro, riuscendo a raggiungere i migliori traguardi.