A tavola tale genitore tale figlio, ecco gli errori da evitare

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(Adnkronos) – Tale genitore tale figlio, anche a tavola. “Le abitudini alimentari si formano in famiglia e si riflettono nell’età adulta”, perché “oltre all’essenziale funzione del nutrimento per l’organismo, il cibo è un elemento di condivisione, educazione e crescita emotiva. Di più: l’alimentazione è uno dei primi mezzi di interazione fra genitori e figli, fin dall’allattamento”. In altre parole, in fatto di dieta gli errori dei padri e delle madri ricadono sui figli. Alla vigilia della Giornata mondiale dell’alimentazione in calendario il 16 ottobre, gli esperti di ‘Dottore, ma è vero che…?’, il sito anti-bufale della Federazione nazionale Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri – Fnomceo, spiegano come e perché, nel bene e nel male, le abitudini alimentari di mamma e papà influenzano quelle del bambino già dai primi giorni di vita. Saperlo può aiutare a capire gli sbagli da non fare per ridurre il rischio di malattie difficili da combattere, come l’obesità e i disturbi del comportamento alimentare. 

“La ricerca psicologica – illustrano i camici bianchi – da tempo prova a classificare gli stili alimentari familiari per individuare comportamenti corretti e scorretti. Un team di ricerca britannico formato da psicologi ed esperti del neurosviluppo ha seguito nel tempo circa mille bambini di età compresa fra i 3 e i 6 anni. Grazie ai loro genitori, che hanno fornito informazioni sulla dieta seguita a casa, sono stati individuati 4 comportamenti alimentari”. C’è il “profilo tipico, caratterizzato da un comportamento a tavola equilibrato, razionale”. E poi ci sono i profili “avido, che comporta il rischio di ridotta sazietà ed è correlato alla tendenza a prendere peso; emotivo, nel quale il cibo è un modo per regolare le emozioni, al di là del senso di fame o di sazietà; evitante, cioè guidato dalla selettività e dall’incapacità di apprezzare ciò che si mangia”.  

Secondo lo studio, “i genitori con un determinato profilo tendono a trasmettere le stesse modalità ai figli”. Una correlazione che “è particolarmente forte negli stili meno equilibrati, come il comportamento avido e quello evitante”. Ne va della salute del bambino, perché “i comportamenti avidi ed emotivi, studiati nel tempo, hanno permesso di riscontrare casi di sovrappeso e obesità più frequenti”. E non è solo una questione di metodi educativi, ma anche di scelte, considerando che “i profili più dannosi sono stati associati a una scarsa disponibilità di cibo sano in casa”.  

Ma ci sono prove scientifiche a supporto di questi studi di psicologia? “Da tempo – confermano i dottori anti-fake nwes – sappiamo che il rapporto con il cibo si struttura nel corso dei primi anni di vita. Si tratta di un processo che ha inizio anche in fase prenatale: sono cruciali i primi mille giorni, cioè dal concepimento al compimento di 2 anni di età. Secondo l’Accademia americana di pediatria, l’obesità, il rischio di diabete e l’ipertensione possono avere origine proprio dallo stile nutrizionale appreso nell’infanzia. Non solo: se la mamma è in sovrappeso, questi rischi aumentano”.  

L”emulazione alimentare’ dei figli comincia subito. “Allattare al seno, per esempio – sottolineano i medici – influenza il modo in cui il neonato reagisce ai segnali di fame e sazietà e aiuta l’autoregolazione e l’accettazione di alimenti diversi negli anni successivi. Il bambino impara osservando e imitando gli adulti, e forma i suoi giudizi, positivi o negativi, giorno per giorno in questo modo”. Ecco perché “ogni famiglia dovrebbe avere disponibilità di un’ampia scelta di alimenti sani con i quali comporre una dieta variata e stimolante, evitando di ricorrere a imposizioni” – perché da una revisione di diversi studi emerge che “l’eccessiva pressione su bambini svogliati crea emozioni negative che portano al rifiuto” – o “di utilizzare il cibo come ricompensa o punizione”, raccomandano i camici bianchi. “Allo stesso modo – avvertono – negare completamente alcuni alimenti ricchi di zuccheri e grassi è controproducente: i cibi proibiti diventeranno i più allettanti”. 

Altre abitudini scorrette descritte dagli studi? Un errore è mangiare ‘a turno’, genitori e figli separatamente. “E’ importante che i genitori siano presenti a tavola: questa regolarità – precisano gli esperti di ‘Dottore, ma è vero che…?’ – impedisce di saltare i pasti e aiuta il consumo di alimenti sani e di porzioni equilibrate. Particolarmente importante è il momento della colazione che, più di altri pasti, tende a essere saltata per mancanza di tempo o di appetito. In Italia un bambino su 10 non fa colazione e uno su 3 segue una dieta sbilanciata al mattino, con la conseguenza di arrivare al pranzo affamati o di ricorrere a merende povere di nutrienti sani. E’ invece fondamentale condividere questo momento fin dalla preparazione del pasto. I benefici non ricadono solo sulla salute dell’organismo, ma anche sulle capacità cognitive, sull’apprendimento”. 

Ma se il piccolo di casa i cibi sani non li vuole proprio vedere? Se respinge frutta e verdura? La premessa è che, “in generale, funzionano i modelli nei quali i genitori propongono l’approccio ‘fai come faccio io’ e non ‘fai come dico io'”. Poi è vero che “il comportamento evitante è molto frequente, interessa circa il 20-30% dei bambini. Fin dallo svezzamento – è il consiglio dei medici – occorre introdurre progressivamente nuovi alimenti. L’esposizione precoce, non forzata, a frutta, verdure e fibre abitua il bambino ad apprezzare i sapori diversi, associando il gusto e i benefici sull’organismo a emozioni positive che dureranno nel tempo. Occorre inoltre variare le proposte a tavola, senza insistere troppo con alimenti che il bambino ha più volte rifiutato; la dieta monotona può portare a carenze nutrizionali”. Ed è bene “incoraggiare il bambino a consumare i pasti della mensa scolastica, che garantisce varietà, equilibrio in un ambiente condiviso con i propri compagni.  

Infine, occhi attenti e guardia alta. “Osservare i comportamenti dei bambini a tavola – concludono i dottori anti-bufale – può rendere evidenti altri tipi di difficoltà e disagi. I fattori di rischio connessi alle cattive abitudini alimentari (sovrappeso, obesità, ipertensione, diabete, per esempio) sono modificabili ed è importante agire sin dall’infanzia. Cambiare il comportamento alimentare da adulti o in presenza di disturbi dell’alimentazione è molto più difficile”.