Esistono in natura malattie, sia nel mondo animale che in quello vegetale, che, quando non sono curate in maniera appropriata, mentre sembrano evolvere naturalmente e quindi essere prossime alla guarigione, si ripresentano con segni più forti e ancora più aggressivi non solo per il soggetto che ne è stato colpito. Fuor di metafora, molto probabilmente aggrottando uno dei sopraccigli, chi viene a conoscenza dell’attuale stato di quella che fu la gloriosa compagnia aerea di bandiera, l’Alitalia, non fa fatica a notare che la stessa ha avviato la procedura per il licenziamento di circa 2.700 dipendenti. Al dopolavoro, mentre sorbivano il caffè del di di festa, alcune guardie forestali hanno commentato la notizia dicendo che, per quanto avevano saputo in precedenza, pensavano fosse una vicenda giunta al termine da un pezzo. Si è levato allora il coro degli altri presenti che, all’unisono, è suonato “Anche io!”. Così sarà stato anche per la maggioranza degli italiani, chi più e chi meno alle prese con problemi personali che, se non sono quelli degli ormai ex dipendenti della Freccia Alata, stanno creando in loro comunque disagio. La matrice del caso. Dopo anni di esercizi quanto meno non soddisfacenti, la compagnia aerea di bandiera aveva scoperchiato il calderone da cui uscirono – una dopo l’altra e diluite nel tempo, per tentare di riparare il riparabile o quanto sembrava tale – diverse “criticità”, (è un eufemismo), che già da allora chi avesse voluto capire quanto fossero gravi, l’avrebbe capito. Breve ripasso di quanto stava accadendo nel Vecchio Continente per quel settore, proprio in quegli anni. Prima compagnia a lasciare gli aerei a terra e con essi il personale e i passeggeri, fu quella di bandiera belga, la Sabena, che fu dichiarata fallita nel 2001, nel giro di qualche giorno, per evitare un danno maggiore, avendo perso i requisiti di economicità per proseguire la propria attività. L’essere vettore ufficiale di Bruxelles non condizionò minimamente quella decisione del tribunale competente. La Swiss Air, altrettanto importante competitrice nel cielo, andò incontro alla stessa sorte l’anno successivo e le autorità svizzere adottarono gli stessi comportamenti di quelle belghe. Per brevità possono essere sufficienti a predisporre gli animi alle considerazioni domestiche sulle situazioni appena riportate. Non sono comunque esaurienti, in quanto un pò dappertutto nel mondo si sono verificati, anche recentemente, casi simili. Altrettanto non è necessario approfondire ancora la vicenda della partnership con ETYHAD, fermandosi a qualificarla un incidente di percorso e passare appresso. Sotto il cielo di Roma si è innescato invece un meccanismo a dir poco apodittico che, dopo più di un lustro, non riesce ancora a mettere la parola fine a quello che oramai è definibile un guazzabuglio di interessi. Fermo restante che tutto ciò che occorre per la tutela del personale dipendente debba essere fatto, è difficilmente comprensibile perché a ogni passaggio critico di quelle procedure i commissari dell’ azienda e quanti, dietro le loro spalle, presentino soluzioni con una o più alternative, talvolta sostanzialmente diverse. Volendo banalizzare quel modo di lavorare, con il rispetto dovuto al santo, si ha l’idea che quella Linea Aerea si stia trovando imbrigliata in una catena di Sant’Antonio a rovescio. Il perchè va cercato nel fatto che la nuova compagnia ITA AIRWAYS abbia nel suo futuro la partecipazione al capitale del gigante dei cieli tedesco LUFTHANSA che dei trascorsi ALITALIA non vuole occuparsi. E dire che, quando quest’ ultima era in buone condizioni o quantomeno sembrava esserlo, era stata più volte oggetto del desiderio per la aereolinee di Berlino. Conclusione spietata ma probabilmente quella che rappresenta meglio la realtà. La vicenda non è conclusa né tantomeno è vicina a esserlo. Ciò che è più grave è che la stessa continuerà a gravare sulle spalle dei contribuenti. Con tutto il rispetto per le sorti del personale destinatario delle decisioni dei commissari che stanno gestendo la fine vita di ALITALIA, non è necessario far ricorso al senno di poi per affermare che si sarebbe potuto evitare di arrivare alla situazione attuale. Come? Se solo si fosse dato uno sguardo oltrefrontiera e prendere insegnamento da coloro, belgi e svizzeri, avevano già percorso quella via crucis. Probabilmente sarebbero state evitate diverse stazioni, anche se alla fine comunque al si sarebbe arrivati in vetta al Calvario. Con meno danni di quanti ne sono presenti ora, e non è poco.