La rivista Achab compie 10 anni: l’ultimo numero dedicato alle carceri, tema antico e attualissimo

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di Piero Antonio Toma

Ha compiuto dieci anni la rivista letteraria Achab, fondata a Napoli e diretta da Nando Vitali, e curata dalla figlia Giuliana. Ha anche  due redazioni a Roma e a Milano. L’ultimo numero affronta l’attualissimo tema delle carceri con saggi, poesie, foto e disegni di 23 autori che riescono ad illustrare con acume saggistico e sensibilità  artistica “il fuori e  il dentro” di questo mondo che seguita a tenersi distante da ognuno di noi e che salta ai disonori  della cronaca tutte le volte che  si scontano  suicidi  o altri episodi di violenza. Per la verità su questo argomento abbiamo di che dolerci sin da quando, William Gladstone, lo statista inglese, che nel 1851, dopo aver visitato le carceri borboniche per farne uscire Carlo Poerio, le defini la ”negazione di Dio”. Tornando ad Achab, nel corso degli anni ha cambiato case editrici , dalla Compagnia di Trovatori ( 2013-2015) fino all’attuale Kulturiam. Mentre il corpo redazionale, ad eccezione di Maria Rosaria Vado che ne ha curato la direzione artistica fino al 2021, sostituita da Serena Aragona,  è rimasto pressoché invariato con Andrea Carraro, Emilia Santoro, Andrea di Consoli, Alexando Sabetti, Athos Zantini. Dopo l’acuta prefazione di Vitali con Platone che “del corpo prigione ne fa carcere dell’anima”, Filippo La Porta  sottolinea che la speranza non riguarda tanto il futuro ma illumina il presente: “spera solo chi è ora felice (una persona depressa non spera)”. Dopo aver  citato il poeta russo Brodskij : “la cella è dotata di scarsità di spazio compensata da abbondanza di tempo” , Erri De Luca mette in evidenza quelle carceri diventate talvolta con i libri che vi entravano “tempo salvato dal macero” e con la speranza che il detenuto “possa dire di aver trovato il tempo di un suo nuovo inizio”. Da parte sua Alexandro Sabetti rileva che ll film Fuga da Alcatraz ”, da semplice ‘prison movie’, si trasforma in un apologo morale contro la pena di morte e contro qualsiasi altro mezzo ‘correttivo’ che faccia a pezzi la dignità della persona. “La dimensione temporale – osserva ancora – è la vera lente di ingrandimento per indagare a fondo l’esecuzione penale”. In una sua poesia Silvio Perrella si confessa: “Fuori infuriò il vento / senza io senza tu/ Fuori nessuno né io/ né tu né il fuori”. Venendo ai fumetti Pietro Scarnera illustra le “Lettere dal carcere” di Antonio Gramsci con i giudici che ”traducono pregiudizi in pene”.  In un suo racconto  Emilia Santoro si rapporta a quando “la giustizia si impossessò  dell’anima e del corpo di Nino, 28 anni, un giovane solitario”.   Ma tra le sbarre, “nessuno è più diverso”, canta Lino Blandizzi.

Achab. Gli occhi di Argo/sul carcere, Nando Vitali (a cura), Kulturjam edizioni, pag. 140, € 17