Acqueforti letterarie, Treccagnoli viaggia sopra e sotto la pelle di Napoli

In una sala gremitissima, con fotografi e fans come per le grandi star, Pietro Treccagnoli ha presentato il suo ultimo libro “La pelle di Napoli. Voci di una città senza tempo”. Una Napoli lazzara e aristocratica, di cui l’autore mostra ferite e bellezze, precisando che per scoprirla bisogna sollevare il velo degli stereotipi e camminare, passeggiare per le sue strade. Così, per esempio, “Ci sono strade di Napoli dove il dopoguerra non è mai finito. I decenni sono volati via, ma tra le mura e le case, nei ricordi e nelle sfide quotidiane trovate sempre la stessa voglia di riscatto intrecciata alla paura di non farcela”. La Pignasecca è così: l’intestino di Napoli, ove senti di essere già nei Quartieri Spagnoli.  Napoli sembra il centro del neorealismo italiano, adattato al nuovo millennio, con  cupole barocche e fondaci levantini, Caravaggio e street food.

A Poggioreale vi è l’inferno dei vivi e l’inferno dei morti, figli di una Scampia minore sono trattati peggio dei morti tra il carcere e il cimitero. “Poggioreale mostra ferite che non si rimarginano e le sfoggia con l’indifferenza delle periferie, penultime e bastarde perché è quasi centro, ma nessuno lo ammette, neanche chi ci vive”. Quartiere dannato, dove chi ci lavora scappa appena può, chi ci abita si sente quasi un fantasma. A queste immagini desolanti fanno da contraltare quelle del Borgo Orefice, un vero e proprio fortino. “Videosorvegliato fino a sera, tanto che i duecento gioiellieri e laboratori di pietre e metalli preziosi non sono blindati, ma tengono tranquillamente le porte aperte”.  Rispetto al Carmine, dove l’artigianato e il commercio sono stati stroncati e tutto trasuda decadenza “l’oro degli Angioini” non conosce tramonti e in tempi amari, come i nostri, vanno molto bene gli oggetti scaramantici.  Ma c’è anche Posillipo e Mappatella beach, “Acqua salata, acqua ferrata, acqua di cocco. Con il primo sole di stagione Napoli riconquista la sua natura di sirena e ricomincia ad amoreggiare con la propria liquidità”.

Treccagnoli ci propone, dunque, delle vere e proprie acqueforti letterarie che mostrano la variegata e stratificata ricchezza di Napoli senza far sconti per le brutture e il degrado della città. “La pelle di Napoli” coniuga la sapiente cronaca giornalistica con la  scrittura brillante, colta, divertente di chi possiede bravura letteraria. Il Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, ha sottolineato come la scrittura di Treccagnoli sia molto importante per la nostra città di cui fa scoprire luoghi ignoti e meravigliosi. Il direttore de “Il Mattino”, Alessandro Barbano, che ha curato l’introduzione del libro, l’ha definito “un racconto senza omissioni”,  intriso di amore per gli uomini e le cose di cui narra, che consente un accesso reale alla complessità di Napoli. Coniuga la  fibrillazione urbana, il degrado cittadino con le vestigia  di una civiltà cosmopolita fagocitata dalla globalizzazione terzomondista. Oasi di umanità e ricchezza folkloristica, “La pelle” che sembra ispirarsi al famoso testo di Curzio Malaparte, in realtà attinge moltissimo dal “Ventre di Napoli” di  Matilde Serao.  Raffaele Cantone, peresidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, ha definito l’opera di Treccagnoli l’antiGomorra, che spazza via con immagini di strade, palazzi, paesaggi, ed espressioni tipiche partenopee il cliché sulle vicende criminali camorristiche di Napoli, che impazza su stampa e TV. “La pelle” è una guida colta che offre una spaccato della società napoletana, sempre accogliente nei confronti delle altre etnie, con un forte attaccamento alla tradizione e molto brava nell’arte d’arrangiarsi, tenendosi lontana dall’illegalità assoluta dello spaccio di droga. Treccagnoli cerca di tener lontani da Parthenope gli stereotipi presenti dal Garigliano in su, diffusi a dismisura dagli sceneggiati televisivi.