Adriano Giannola (Svimez): Fondo di perequazione infrastrutturale, sparite le connotazioni territoriali

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In foto Adriano Giannola, presidente della Svimez

“Nell’intervento per la perequazione infrastrutturale evocato a più di dodici anni dall’approvazione della legge 42, scompare ogni esplicita connotazione territoriale”. Ad affarmarlo è Adriano Giannola, presidente della Svimez nell’audizione svoltasi “nell’ambito dell’esame in sede referente del D.L. 121/2021 C. 3278”. Di seguito la sintesi dell’audizione a cura della stessa Svimez.

Si formulano alcune valutazioni sull’articolo 15 del DL 121 che prevede l’istituzione ed il finanziamento del fondo di perequazione infrastrutturale. Si interviene sul testo previgente (la L 178 2020 – legge di bilancio) che a sua volta modifica ed attiva l’articolo 22 della L 42 del 2009 nel quale si tratta il tema della perequazione infrastrutturale.
La legge 42 disciplina in particolare (Art.1) “l’istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante «fondo senza vincoli di destinazione, previsto nel 119 comma quarto»… nonché l’utilizzazione delle risorse aggiuntive e l’effettuazione degli interventi speciali di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione”, un aspetto che è appunto oggetto dell’articolo 22 sulla perequazione infrastrutturale che – allora – si riferisce in particolare al Mezzogiorno.
Sappiamo che l’istituzione del fondo senza vincolo di destinazione attende ancora di essere attivato (motivo per cui prevale tuttora il criterio della spesa storica nella ripartizione delle risorse erariali).
Constatiamo, inoltre, che nell’intervento per la perequazione infrastrutturale evocato a più di dodici anni dall’approvazione della legge 42, scompare ogni esplicita connotazione territoriale.
La dotazione del fondo (4,6 mld € per gli anni dal 2022 al 2033) delinea una ulteriore fonte ordinaria di finanziamento in questo caso di infrastrutture selezionate da “istituzioni di competenza” (Statali, enti territoriali).
Pur apprezzando la natura perequativa del Fondo si sottolineano i rischi di un intervento che rischia di rimanere eterogeneo rispetto alla strategia che viene emergendo in attuazione del PNRR e davvero poco in linea con lo spirito originario della legge 42 che intendeva dare attuazione al quinto comma dell’articolo 119 in accompagnamento e per rendere più agevole il compito che doveva gravare – come previsto dall’articolo 1 della L.42 – sul fondo perequativo senza vincoli di destinazione, in attuazione del quarto comma dell’articolo 119 del quale dal 2009 invece ancor oggi si sono perse le tracce.
Non è chiaro infatti come si coordini operativamente e logicamente il nuovo Fondo con la visione che presiede al PNRR con il quale dovrà necessariamente interfacciarsi viste le condizionalità del PNRR.
L’art. 22 della Calderoli in tema di perequazione infrastrutturale seguiva un metodo quanto mai opportuno per sanare gli squilibri tra territori in termini di dotazioni infrastrutturali e accesso ai servizi: partire dalla rilevazione dei deficit, definire i fabbisogni per poi individuare le priorità degli interventi nei diversi territori e distribuire di conseguenza le risorse per finanziare le opere. Quel metodo viene ora solo formalmente confermato prevedendo un’attività di ricognizione da parte del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) delle infrastrutture statali (sanitarie, assistenziali, scolastiche, stradali e autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e idriche), mentre per altre infrastrutture la ricognizione verrà eseguita dagli enti territoriali e dagli altri soggetti pubblici e privati competenti. Solo formalmente, perché nella sostanza a “mordere” è un tetto di spesa fissato ex ante che limita fortemente l’azione di perequazione territoriale che si vorrebbe favorire.
A gettare una luce sulla ancora incompleta formulazione del troppo a lungo atteso intervento perequativo infrastrutturale oggetto dell’articolo 15, aiuta ripercorrere la genesi del provvedimento che trova la sua prima formulazione ad opera dell’allora ministro Boccia che aveva inserito la perequazione infrastrutturale nel percorso attuativo dell’autonomia differenziata prevedendone l’istituzione nelle prime bozze del disegno di legge quadro (tema affidato oggi alla Ministra Gelmini). In tal senso occorre evitare il rischio che la previsione del fondo per la perequazione infrastrutturale, per le regioni del Sud ma non solo, agevoli la ripresa del percorso delle intese sull’autonomia tra Stato e alcune regioni del Nord; il tutto prima della imprescindibile definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni. E’ utile ricordare che il fondo ha trovato posto in legge di bilancio a valle dell’intesa in conferenza Stato-Regioni che motiva il comunicato stilato il 20.10.2020 dalla Conferenza unificata delle Regioni e delle Province autonome (Regioni.it, n.3932): “Sono previsti nella prossima manovra di Governo 4,6Mld€ da destinare a un fondo di perequazione infrastrutturale…..Queste risorse saranno a disposizione delle Regioni del Mezzogiorno, delle aree interne e delle zone di montagna non appena sarà approvata la legge sull’ autonomia”.
A ben vedere, il Fondo varato è in contraddizione sostanziale con la logica della legge 42 il cui proposito esplicitato fin dall’articolo 1 è quello di dare attuazione al quinto comma del 119, inscindibilmente collegato al Fondo senza vincoli di destinazione previsto dal quarto comma del 119: quello posto a garanzia dei diritti civili e sociali (educazione, salute, mobilità). Per quanto detto l’istituzione del nuovo Fondo elude ancora il problema del quarto comma del 119 senza alcun riferimento alla definizione dei LEP, assente anche nella programmazione del PNRR. Quindi l’articolo 15 inserito nel testo ora in discussione fa un passo avanti solo se si gombra il campo dal collegamento esplicito al regionalismo differenziato con il quale era stato raggiunto l’accordo in conferenza Stato-Regioni. La vera partita comunque rimane quella dell’allocazione territoriale delle ben più ingenti risorse disponibili per investimenti infrastrutturali disponibili nel PNRR. Allocazione che non può prescindere dall’obiettivo, esplicito nel Piano europeo, di ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai servizi di cittadinanza, sui quali significativamente impattano i divari infrastrutturali.
Alla perequazione in generale ed a quella infrastrutturale in particolare dovrebbe applicarsi una sempre più necessaria e oggi possibile gestione coordinata della politica ordinaria e dell’intervento straordinario rappresentato dal PNRR e dal fondo complementare; una strategia che affronti con gradualismo ma esplicitamente il tema della liquidazione (nell’uso delle risorse, ordinarie e non) del criterio della spesa storica. Al momento, ciò non pare all’ordine del giorno nonostante sia evidente che il problema rappresenti un serio ostacolo alla prospettiva della auspicata “Rinascita” e chieda una precisa e serena triangolazione tra Governo conferenza delle Regioni e delle Province autonome e – sede istituzionalmente propria – ruolo del Parlamento.