Affidiamo i nostri risparmi solo a banche del Sud e salviamole dai predatori

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di Canio Trione

Decenni fa per appropriarsi delle ricchezze finanziarie di uno stato gli si doveva muovere guerra, vincerla e poi sottrarre con la forza l’oro e le altre cose di valore per portarle al sicuro. Mai si poteva immaginare che i cittadini portassero, magari facendo anche una coda, i propri risparmi nei forzieri di altri. Oggi una insegna accattivante sull’uscio di una banca, un piccolissimo interesse in più, un funzionario simpatico, possono indurre centinaia di migliaia di risparmiatori a trasferire i propri averi nei conti di banche che li trasferiscono molto lontano per impiegarli in altre economie ritenute più sicure o, ancora peggio, in giochini finanziari quanto meno spericolati. È quanto accade alle moltitudini di cittadini delle aree in maggior ritardo nello sviluppo che dedicano i loro risparmi all’opera di arricchire ulteriormente le aree e le imprese che ricche già lo sono.
Questa opera viene silenziosamente favorita dalla eliminazione fisica di banche dai territori da cui si vuole espungere il risparmio. Una volta si allettava il risparmiatore con un tasso di interesse un tantinello più alto, oggi si “mangiano” intere banche facendole sparire.
Così come ogni singola realtà socio-economica ha una sua economia specifica così ognuna di esse ha bisogno di un suo sistema di banche ad hoc. Una realtà fortemente finanziarizzata come ad esempio la città di Londra ha bisogno di pochi sportelli fisici e molta digitalizzazione, la Calabria invece ha bisogno di molti sportelli e molta consulenza quindi molto rapporto umano. I due modi di fare banca non si possono sostituire. La sopravvivenza dell’economia nelle aree a netta prevalenza di piccole imprese è collegata alla presenza capillare di banche.
Le banche delle aree meno ricche sono, paradossalmente, molto desiderate dalle banche più grandi quanto meno per ridurre la concorrenza in quelle aree; e siccome la loro acquisizione non è impossibile, anzi, quasi agevole è elevato il rischio che banche del nord Italia e nord Europa vengano a fare shopping qui da noi. Si deve assolutamente evitare questo scenario che riducendo la concorrenza tra banche produrrebbe un ulteriore accrescimento del potere contrattuale delle pochissime banche rimaste e ridurrebbe il numero di sportelli operativi sul territorio. Senza parlare dei danni per l’occupazione e per i risparmiatori azionisti.
Si dirà che in un mondo globalizzato e in un settore storicamente privo di confini non si può fare due banche così differenti; invece è proprio così e solo così si può evitare ulteriore desertificazione delle aree più periferiche. Cosa evidente in ogni parte del mondo. Né vale l’argomento del fabbisogno di capitale di rischio per le banche minori: se in un luogo come l’Italia dove sui conti bancari e postali sono parcheggiati 1.500 miliardi di euro che non trovano una collocazione con rapporto remunerazione-prezzo soddisfacente cioè non si riesce a far incontrare domanda e offerta di risparmio… qualcosa non funziona nel mercato del danaro ed è qualcosa di molto grave che va riparato immediatamente. Cosa peraltro non solo facile ma doverosa. Doverosa perché quella cifra è in grado di mettere in sicurezza l’intero sistema finanziario e creditizio italiano, ma anche di rilanciare l’economia del sud e del nord. Senza dover ricorrere a pelosi aiuti di chicchessia; basta una cordata di imprenditori o una emissione di titoli ad hoc per rilanciare una o più banche del sud.
Un buon padre di famiglia deve mettere da parte ogni ritrosia e deve essere disposto a tutto per difendere le banche meridionali esistenti; fino ad occuparle se necessario. Mai più deve accadere che con la consapevole o involontaria collaborazione delle autorità di vigilanza si distruggano gloriose banche a tutto vantaggio delle solite banche del nord. Mai più la follia accorpatrice di banche riduca il tasso di concorrenzialità. Mai più si deve permettere l’abbandono delle aree più periferiche da parte del sistema del credito. Quindi i danari del sud vadano SOLO a banche del sud e i prestiti si devono accordare preferibilmente e a condizioni di maggior favore proprio alla clientela del sud. Si deve dire alto e forte a tutti che rischio stiamo correndo e cosa significa perdere un minimo di autonomia creditizia. Portano via il petrolio, l’energia eolica, quella solare, tasse da capogiro senza lasciare nulla sul territorio e quindi costringendoci all’emigrazione…vogliono anche i nostri risparmi.
Adesso basta.