Agroalimentare, riparte da New York la campagna per la pizza nelle liste Unesco

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Obiettivo ambizioso: un milione e mezzo di firme. Orgoglio napoletano, campano e italiano, la pizza è tornata a New York il 2 giugno per festeggiare i 70 anni della Repubblica e rilanciare la campagna #PizzaUnesco in vista della candidatura nelle liste Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. “Siamo già a quota un milione e 50 mila firme. Vogliamo arrivare a un milione e mezzo per il Pizza Village di settembre ma soprattutto in vista di novembre 2017 quando il dossier #PizzaUnesco andrà all’esame del comitato giudicante dell’agenzia dell’Onu“, dice l’ex ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, di nuovo a Manhattan e di nuovo nella pizzeria Rossopomodoro a Greenwich Village, che della campagna è uno dei principali partner. Intanto, all’ombra del Vesuvio, il premier Matteo Renzi ha rivendicato per Napoli la paternità della “Margherita“: “I ragazzi pensano che sia un prodotto estero, ma la pizza è stata inventata qui, a Napoli“, e più precisamente “in uno dei forni che stanno restaurando nel parco della Reggia di Capodimonte“.

Tredici stati sono stati finora coinvolti nella maxi-sottoscrizione grazie ai presidi Rossopomodoro: oltre l’Italia, Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania, Giappone e Taiwan, Turchia, Australia, Stati Uniti, Uruguay, Argentina e Brasile mentre la raccolta sta per partire in Islanda, Danimarca, Corea del Sud e Arabia Saudita. Ma c’è di più: Pecoraro Scanio, che ha cominciato a lavorare alla candidatura nel 2006, vorrebbe ottenere firme (“almeno una“) da tutti i 190 e passa paesi membri dell’Onu, ed ecco perche’ ha coinvolto la rete diplomatica – l’ambasciatrice all’Unesco Vincenza Lomonaco e a New York il numero due della Rappresentanza Inigo Lambertini. “Serve il loro sostegno perchè la pizza di Napoli è la candidata della Repubblica italiana“. Ed è vero che la pizza a New York ha una lunga tradizione grazie all’emigrazione italiana e a ristoranti come Lombardi, il primo a essere autorizzato ad aprire nello stato di New York nel lontanissimo 1905, ma poi si arriva a paradossi di qualche americano che a un meeting dell’Ice nel 2000 chiese agli interlocutori italiani: “How do you say pizza in Italian?“. Il fatto è, come ha detto il napoletano doc Lambertini, che troppe pizzerie negli Usa “hanno perso la strada per chi viene da Napoli“. Ed ecco il senso dell’iniziativa, per tutelare marchio e know how. “Spero di essere a Parigi in occasione del voto“, ha detto Lambertini.