Agroalimentare, sos degli operatori all’Ue: l’italia non difende la pizza

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E’ la candidata unica 2015 per l’Italia per la iscrizione nei beni mondiali tutelati dall’Unesco ma la pizza napoletana non ha un “disciplinare” o almeno uno riconosciuto in sede di formazione dei pizzaioli che la fanno conoscere in Italia e in Europa. Da 10 anni in Senato c’è una proposta di legge per prevedere la “Patente europea pizzaioli”(Pep) ed ora l’ente che l’ha promossa e proposta,l’Associazione Maestri d’Arte, Ristoratori pizzaioli, sfiduciato e scoraggiato dalla indifferenze per uno dei “beni” che marchiano l’Italia dal polo Nord al Sud lancia l’allarme e minaccia di chiedere all’estero di provvedere a tutelare la pizza e a disciplinare la formazione dei pizzaioli: insomma di difendere un patrimonio culinario unico al mondo.Enzo PreteDa ben 10 anni – ha scritto in Senato il presidente dell’Associazione, Enzo Prete, in un disperato ultimo appello – si è proposta l’istituzione della Pep per garantire un disciplinare per la nostra pietanza nazionale. “La Pizza”. Considerando che, a tutt’oggi c’è stata l’indifferenza totale alla richiesta, siamo costretti nostro malgrado, e proporre la Pep fuori dai nostri confini Nazionali. Una bozza è pronta da presentare all’estero. Per scongiurare ciò è necessaria una risposta urgente alla proposta. Il rischio è che l’Italia perda la titolarità del marchio ‘PIZZA’. Siamo stati contattati da diversi quotidiani, ultimi uno Inglese, e un giornale Russo (Rossiysjaya Gazeta) ai quali abbiamo detto chiaro e tondo che le istituzioni Italiane ancora non hanno dato risposta. Se entro settembre non arriva nessun messaggio da parte del governo, saremo costretti ad uscire fuori dall’Italia. A cercare di far tutelare la pizza e i pizzaioli da un Paese diverso dall’Italia“. La proposta di legge, primo firmatari i senatori Irlaro e Mussolini, è ferma alla decima commissione del Senato. La legge propone di dare un minimo comun denominatore a chi “produce” la pizza garantendo una preparazione di base. Infatti la proposta di legge bloccata da anni propone che la PEP sia rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa certificazione da parte della Associazione maestri d’arte ristoratori pizzaioli (AMAR) delle competenze acquisite, attraverso un corso di formazione. Al fine di ottenere la PEP e l’abilitazione all’esercizio della professione, l’aspirante pizzaiolo dovrebbe frequentare un corso riconosciuto di almeno centocinquanta ore, così articolato: a) settanta ore di pratica in laboratorio; b) venticinque ore di lingua straniera; c) trenta ore di scienza dell’alimentazione; d) venticinque ore di igiene e somministrazione di alimenti. Al termine del corso, l’aspirante pizzaiolo sostiene un esame finale, consistente in una prova teorica ed in una prova pratica; a tal fine è costituita un’apposita commissione di esperti nominati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La PEP è personale e ha una validità di cinque anni, al termine dei quali è avviata la procedura di rinnovo. Il rinnovo è automatico qualora vi sia un esercizio continuativo della professione, documentato dall’iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) per i pizzaioli artigiani o ristoratori, o dall’assunzione presso una azienda del settore. Ma Enzo Prete ora non guarda più all’Italia vista l’indifferenza dell’Italia per il suo piatto più conosciuto nel mondo. “Appena passa il circolo polare artico a Rovaniemi in Fillandia, appena un metro oltre la striscia che segna il parallelo in terra, sa cosa c’è: un immenso cartello con su scritto ‘Pizza napoletana’. Meglio farlo difendere a loro questo piatto”. E mostra la prossima lettera al Parlamento, l’ultima che dice “Gli italiani non difendono la pizza“.