Al via il Reddito di Inclusione: il ruolo determinante dell’assistente sociale

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L’obiettivo è aiutare le persone in difficoltà economica: secondo l’Istat, in Italia, sono 4,6 milioni le persone che vivono in condizione di povertà assoluta. La legge contro la povertà prevede gli interventi da mettere in campo per sostenere le famiglie più povere sparse su tutto il territorio nazionale. Da queste premesse nasce il Reddito di Inclusione Sociale (REI), un passo storico verso l’introduzione di una misura universale che tenga conto della condizione di bisogno economico e non dell’appartenenza a singole categorie. Da oggi, 1 dicembre, sarà possibile presentare la domanda per ottenere il Reddito di Inclusione, prima misura di contrasto alla povertà. Si tratta di un beneficio economico combinato ad un progetto personalizzato per: famiglie con minori, disabili, donne in gravidanza a quattro mesi dal parto, disoccupati con più di 55 anni. A partire dal primo Gennaio 2018 andrà da 187, euro, mensili, a persone singole, ad un massimo di 485 euro, mensili, per cinque componenti, erogati per un massimo di diciotto mesi, rinnovabile per altri dodici mesi ma solo se saranno passati sei mesi dal godimento della prestazione. La famiglia beneficiaria dovrà attenersi al progetto personalizzato o subirà decurtazioni o decadenza. Il reddito di inclusione non è compatibile con altri ammortizzatori sociali di un qualsiasi membro familiare. Per ottenere il beneficio l’Isee familiare non deve eccedere i sei mila euro, mentre, l’indicatore individuale Irsee non deve superare i tremila euro. Oltre l’abitazione non si possono avere immobili che valgono più di ventimila euro, e più di diecimila euro in denaro. Può essere chiesto da europei o extracomunitari con permesso di soggiorno residenti in Italia da almeno due anni. Le domande potranno essere presentate dagli interessati o da un componente del nucleo familiare in un punto d’accesso Rei che verranno identificati dai Comuni o ambiti territoriali. Il comune raccoglierà la domanda, verifica i requisiti di cittadinanza e residenza e saranno inviate entro trenta giorni lavorativi. L’Inps entro i successivi cinque giorni verifica il possesso dei requisiti e in caso di esito positivo riconosce il beneficio. Una misura di contrasto alla povertà che richiama ad un ruolo centrale l’assistente sociale, che avrà il compito di delineare un progetto personalizzato che miri al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Quindi un comune deve avere un sistema di interventi e servizi sociali con delle caratteristiche: segretariato sociale per l’accesso, servizio sociale professionale per la valutazione multidimensionale dei bisogni e la presa in carico, accordi territoriali con servizi per l’impiego, la tutela della salute e dell’istruzione, e con gli altri soggetti privati. Il progetto personalizzato seguirà due fasi importanti: una prima, definita preassessment, che orienta gli operatori e le famiglie nella decisione sul percorso da svolgere per la pre-analisi, che definisce il progetto e determina la composizione dell’equipe multidimensionale che dovrà accompagnare e attuare il progetto. Il preassessment guida e orienta l’osservazione degli operatori: raccolta delle informazioni sul nucleo familiare, i fattori di vulnerabilità dei singoli componenti, la storia familiare e la valutazione complessiva. Ogni progetto sarà seguito da un equipe, di solito formata dall’assistente sociale e dall’operatore dei servizi per l’impiego. Ma, potrebbero essere coinvolte altre figure professionali in base alle problematiche presentate dal nucleo familiare. Segue poi la fase dell’assessment, un quadro di analisi, che identifica i bisogni e le potenzialità dei componenti familiari. Tre sono le dimensione che verranno prese in considerazione: i bisogni della famiglia e dei componenti per cui si guarderà al reddito, alla salute e all’istruzione; le risorse che possono essere attivate, capacità e potenzialità; e i fattori ambientali che possono sostenere questo percorso, ovvero, rete familiare e reti sociali. La progettazione mirerà soprattutto al superamento della condizione di povertà, all’inserimento lavorativo dei componenti familiari, per cui i componenti familiari si assumeranno delle responsabilità. Una misura che non và vista come il classico gettito di soldi rivolto a chiunque e da utilizzare, ma come un punto di partenza, una possibilità per riscattarsi a livello sociale e lavorativo. Ma, è una misura che rischia di fallire anche perché molti comuni del Sud Italia non sono pronti alla misura, manca il personale: gli assistenti sociali sono sotto organico, di nuove assunzioni neanche l’ombra, e si rischia che le pratiche restino impolverate in qualche ufficio mentre le buone intenzioni del Governo resteranno solo utopia in un investimento che sembra più perdere che vincere. Noi vogliamo avere fiducia nel nostro Governo e vogliamo credere che il Sia rappresenti una reale misura per contrastare la povertà e l’esclusione sociale.