Alis, prove tecniche di ripresa per l’Italia in movimento

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in foto Guido Grimaldi

Prove tecniche di ripresa. Che la carta della resilienza è già stata giocata e adesso occorre pensare al futuro. A provarci è l’”Italia in movimento” chiamata a raccolta a Sorrento dall’Alis (Associazione logistica dell’intermodalità sostenibile) nel primo fine settimana di riapertura agli eventi in presenza.
Oltre mille invitati si sono dati appuntamento nel grande auditorium dell’Hilton e hanno dato vita a una kermesse di tre giorni con ministri, sottosegretari, deputati, accademici, manager, imprenditori che si sono succeduti sul palco per cercare di capire in che modo sarà possibile passare dalle parole ai fatti.
Mille530 aziende associate, 185.000 lavoratori aggregati, 30 miliardi di fatturato, Alis ha dispiegato tutta la propria influenza per sottolineare una volta di più l’importanza strategica di un settore alla base dei collegamenti e degli scambi a corto e lungo raggio. Un settore che ha fatto muovere merci, persone ed economia anche nei mesi più bui della pandemia.
Dunque, centrale per ogni progetto di rilancio. E sensibile più di altri alla questione ambientale che contribuisce ad affrontare con soluzioni ecologiche che vanno dallo spostamento dei traffici dalla gomma al ferro al mare con l’adozione di carburanti e propulsori così puliti da avvicinarsi alle zero emissioni.
A presiedere un comparto così ricco e variegato è un giovane energico come Guido Grimaldi, figlio e nipote d’arte: il nonno, Guido come lui, fondò la flotta che porta il nome di famiglia e il padre, Emanuele, sarà il prossimo presidente mondiale degli armatori. Se buon sangue non mente, sarà tra i protagonisti della stagione che si apre.
È interessante notare che tutti gli interlocutori, nessuno escluso, hanno posto al centro del proprio intervento la necessità di calare nel concreto i principi ispiratori e i programmi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza al quale è affidata la spesa (buona, si spera) dei 200 miliardi e passa che ci verranno dall’Europa.
Altro debito, è stato ricordato, che dovrà servire a dotare il Paese delle infrastrutture materiali e immateriali senza le quali non ci sarà alcuna ripartenza, alcun recupero di competitività, alcuna speranza di futuro. Di scivolare verso il declino nessuno in sala mostra di avere desiderio. Ma le preoccupazioni restano.
Il capitolo delle riforme, allora, diventa il più delicato. Il capitale privato è lì, disposto a fare la sua parte. Pronto a investire per portare innovazione e ammodernamenti, sviluppo e occupazione, benessere individuale e collettivo. Ma occorre costruire un ambiente finalmente amico degli investimenti.
Le misure per semplificare le procedure e accorciare i tempi sono all’ordine politico del giorno. Sono tutti consapevoli che questa volta non c’è rete di protezione che tenga, che i soldi dell’Unione arriveranno se e quando sapremo fare i compiti a casa senza confidare nella benevolenza di una promozione rubata.
Si sono uditi chiaramente i motori accesi di tir, treni e navi in assetto da combattimento civile. Il patrimonio imprenditoriale della nazione, seconda manifattura d’Europa, è l’unica garanzia che possiamo esibire per chiedere e ricevere fiducia nella nostra capacità di guardare e andare avanti.