Tutta la manovra del governo giallo verde regge su un assunto fondamentale, serve la crescita per sostenerne l’impianto di base. Si dedicano molte risorse a misure di tipo assistenziale come reddito di cittadinanza e per le pensioni che notoriamente non sono azioni che hanno un impatto diretto ed efficace di stimolo economico.
Poche misure sembrano al momento dedicate alla crescita. Ridimensionati il superammortamento e l’iperammortamento, cancellati Ace e Iri, ridotto il credito d’imposta per la ricerca e la formazione 4.0. Rimane lo sgravio per chi assume al Sud e parte la nuova “mini-Ires” che già in un’audizione Confindustria ha bollato come di “scarso impatto”, perché lo sconto di imposta dal 24 al 15% non si applica alle nuove assunzioni ma solo alle assunzioni incrementali, vale a dire tutte quelle aggiuntive rispetto ai lavoratori che già l’impresa possiede.
Ma oggi l’Istat ha certificato quello che aleggiava da qualche settimana. Nel terzo trimestre del 2018 la “dinamica dell’economia italiana è risultata stagnante, segnando una pausa nella tendenza espansiva in atto da oltre tre anni, giunta dopo una fase di progressiva decelerazione della crescita”. Il tasso di crescita tendenziale del Pil, passa allo 0,8% per l’anno 2018.
È sufficiente una crescita inferiore all’1% per sostenere uno sforamento del deficit del 2,4%? Le imprese sono molto scoraggiate e il primo, fra i molti dubbi, è proprio sulla crescita. Alla domanda di cosa ci sia sulla crescita, sul lavoro, sul cuneo fiscale, sui giovani e sulle imprese, il presidente Vincenzo Boccia ha risposto “Nulla”. Qualche giorno fa, ha addirittura affermato che è in gioco la tenuta dell’esecutivo. Non è solo più un problema di credibilità, dei singoli partiti, del governo e del paese in un contesto internazionale che ci sta osservando. “Se i risultati della crescita non ci saranno nei prossimi mesi è colpa esclusiva di questo governo e della politica economica che realizza, non di altri”.
Di tutt’altro avviso è il vicepremier Luigi Di Maio. Ancora oggi ha rassicurato: “vedrete che con la manovra del popolo non solo il Pil ma la felicità dei cittadini si riprenderà”, e che il rallentamento della nostra economia dipende “da una serie di fattori che dal punto di vista internazionale incidono sulla congiuntura economica”.
Da un lato le imprese che chiedono misure per attivare lavoro e investimenti, dall’altro l’esecutivo che con il faro del contratto di governo è sicuro di riattivare il lavoro e i consumi. Al centro la crescita, fondamentale per entrambi ma che al momento, dopo tre anni di segno più, torna a zero.