Le spose bambine: un cartello con il nome della mostra “parcelles de vie” racconta qualcosa sull’artista Antonella Romano che a mani nude ricama il fil di ferro realizzando figure mitiche e straordinarie. Le spose bambine, un tema che richiama un fenomeno culturale che mina e nega la facoltà delle donne di decidere chi, come, quando sarà il loro compagno e per quanto tempo. Che tenta di schiacciare la loro libertà di determinare e scegliere il proprio futuro. Un tema fortissimo. L’aspettativa sulla mostra è alta: tema sociale e resa artistica. Che cosa vuoi di più. Non fosse altro perché pare che le donne siano in soprannumero rispetto agli uomini, questa mostra dovrebbe aver provocato una fila lunghissima per entrare nell’androne del Museo del Tessile a Piazzetta Mondragone. Un serpentone di donne in paziente attesa di un esperienza che, proprio perché determinata da fenomeni che purtroppo ci assillano quasi quotidianamente, si prospetta unica. E invece. Al primo piano i nuovi allestimenti del Museo, riaperto di recente al pubblico, al piano terra la scarpetta rossa, la grande madre e tutta la serie di opere ispirate al femminicidio, alle spose bambine, all’energia vitale delle donne. Sistemate in bacheche poco illuminate, simili a cabine d’ascensore in disuso, nel cortile interno del palazzo che ospita il Museo. Tutto li. La mostra è gratuita, chi voglia vederla si accomodi. Inaccettabile. Il tema ispiratore delle opere, il loro significato, è mostrato con una certa trascuratezza trasmettendo il messaggio che – si avviene, ma in fondo il mondo va avanti- La prova d’allestimento rende quasi invisibili le opere, privando il pubblico di una serie di spunti interessanti anche per la visione dei preziosi vestiti in mostra ai piani superiori del museo. Perfetta la decisione di esporre su di un tema femminile proprio nel Museo dell’abbigliamento femminile. A pennello. L’allestimento però non aiuta l’emozione, il problema rimane chiuso in bacheca, si scuote la testa e si va. Incomprensibile perché usare un cortile all’aperto in una stagione in cui è lecito aspettarsi piogge ed acquazzoni. Altrettanto incomprensibile la segnaletica e le didascalie quasi invisibili. Esporre lungo la scalinata che porta ai piani superiori avrebbe posto le opere sotto gli occhi di tutti i visitatori, che oggi non si spingono oltre le due bacheche presenti all’ingresso della cassa scale. La gestione di un Museo che riapre, che aspira ad essere un punto di riferimento per tutti quelli che si interessano alla moda, dovrebbe curare con competenza tutte le modalità dell’esposizione per suscitare curiosità ed apprezzamento. Il tema, purtroppo sempre caldo, delle spose bambine e del femminicidio meritavano qualcosa di più. Otto marzo festa della donna, venticinque novembre giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, tutti scandalizzati, tutti solidali con le vittime. Due volte l’anno. E qualche giornata dedicata a qualche caso eclatante. Perché non cavalcare invece lo spirito solidale, la voglia d’informazione e lasciare che siano solo le ricorrenze a risvegliare la protesta contro pratiche inumane? Il valore dell’artista c’è, così come indubbia e la sensibilità rispetto a questi problemi, la struttura si presterebbe a filmati, musiche testimonianze. Possibile che tutto quanto si sia potuto realizzare siano una decina di bacheche in ferro e cristallo e qualche foglietto con illustrazioni vicino alle opere? L’interpretazione…questa sconosciuta.