>ANSA-REPORTAGE/ Nella giungla di Calais, rimpiangendo l’Italia

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(di Alessio Pisanò) “Siamo arrivati in Europa attraverso Lampedusa, è stata dura ma niente in confronto a come viviamo qua, nella ‘Giungla’. Rimpiangiamo di essere andati via dall’Italia”. È il racconto di Biko, 25 anni, scappato dal Sudan e bloccato oggi nel campo profughi denominato ‘la Giungla’ vicino a Calais, nel Nord della Francia, a ridosso del canale della Manica. Nella sua tenda, piena di fango e dove l’acqua entra indisturbata, Biko si riscalda con tre amici attorno a un piccolo fuoco. Sopra hanno messo un bidone di latta per scaldare un po’ d’acqua. Sono tutti giovani africani, vengono da Paesi come Ciad ed Eritrea, e anche loro hanno attraversato il Mediterraneo su un gommone, sono arrivati a Lampedusa ed hanno attraversato l’Europa tra mille difficoltà.
    “Nella giungla ci dovrebbero vivere gli animali, ma adesso ci vivono gli uomini”, continua Biko mangiando un pezzo di pane raffermo. “Abbiamo attraversato l’Italia e l’Europa perché vogliamo andare in Inghilterra visto che parliamo inglese, ma adesso siamo bloccati qui da mesi”, continua Baku sfregandosi le mani vicino al fuoco. “Se lo avessimo saputo, saremmo rimasti in Italia, lì stavamo meglio. Qui non c’è niente, fa freddo, piove nelle tende e il cibo è scarso”, continua Baku, abbozzando ogni tanto qualche parola in italiano. Fuori dalla tenda, immondizia e rifiuti ovunque. Sulla parete di una piccola baracca si legge “doccia calda”, insufficiente per servire adeguatamente gli oltre 4000 migranti presenti nel campo, anche se la stima è del tutto approssimativa. Ognuno si lava come può, alle fontane e lavabi comuni a disposizione.
    L’acqua viene raccolta in bottiglie e recipienti vari, qualcuno usa perfino dei sacchi dell’immondizia. Le toilette chimiche sono in pessime condizioni, tanto che qualcuno preferisce fare i propri bisogni all’aperto.
    Questa notte Ahmad, 26 anni, iraniano, proverà con i suoi amici ancora una volta ad attraversare clandestinamente la Manica. “Ci sono trafficanti di uomini che con seimila sterline ti portano dall’altra parte. Ma chi ce li ha tutti quei soldi? Proveremo a salire sui tir, ma non è facile”. Ahmad spiega che, con le nuove recinzioni costruite dalle autorità francesi, “bisogna camminare più di un’ora fino alla pompa di benzina più vicina, e lì cercare di salire su qualche tir”. “Poi la polizia è diventata più severa, ci sono molti più controlli, ma noi non possiamo restare qua”, conclude. I suoi amici, tre ragazzi iraniani più o meno della stessa età, annuiscono. Uno di loro continua a tossire. Un medico di Médecins sans frontières spiega che nel campo ci sono molti malati di polmonite e bronchite, e si registrano anche casi di scabbia. “Noi cerchiamo di fornire soprattutto cure di base”, spiega il medico, secondo il quale “più che di medicinali e volontari, c’è bisogno di interpreti, soprattutto dall’arabo e dal farsi”, vista la massiccia presenza di profughi siriani, afghani e iraniani.
    La mattina presto i volontari delle molte associazioni attive sul campo, come La Vie Active, Médecins du Monde e Msf, spiegano che i migranti riposano perché per tutta la notte hanno cercato di raggiungere l’Inghilterra, ognuno come può. I tir restano i mezzi preferiti e gli altri protagonisti di questa roulette russa sono proprio i camionisti. Alla più vicina stazione di benzina e sosta, a circa 5 chilometri dalla Giungla, si respira diffidenza. “Abbiamo paura dei migranti, sappiamo che a volte possono diventare aggressivi”, confessa un camionista spagnolo, che qualche settimana fa ha trovato due uomini e una donna a bordo del suo veicolo. “Noi rischiamo anche multe salate se la polizia ci trova migranti a bordo perché veniamo considerati come complici”. Un altro camionista, anche lui spagnolo, racconta di un amico che si è trovato a bordo 17 migranti. “Ci deve essere qualcuno specializzato a scassinare le serrature dei camion perché noi non ci accorgiamo di niente”, spiega il camionista partito da Barcellona. “A volte si infilano anche sotto il camion, ma lì è più rischioso perché possono cadere e poi i cani della polizia ai controlli li trovano subito”.
    Di ritorno al campo profughi, entrando dalla parte est, si nota una nuova area in costruzione con decine di grandi container bianchi. Alcuni volontari spiegano che le autorità francesi stanno predisponendo un’area con 120 container attrezzati ad accogliere circa 1500 profughi. Tuttavia gli stessi migranti guardano questa nuova struttura con sospetto, perché temono che al suo interno verrebbero schedati e registrati presso le autorità francesi, procedura che precluderebbe loro la strada all’Inghilterra in base alla convenzione di Dublino. E l’unica ragione di vita all’interno della Giungla, resta proprio raggiungere l’Inghilterra. (ANSA)

(di Alessio Pisanò) “Siamo arrivati in Europa attraverso Lampedusa, è stata dura ma niente in confronto a come viviamo qua, nella ‘Giungla’. Rimpiangiamo di essere andati via dall’Italia”. È il racconto di Biko, 25 anni, scappato dal Sudan e bloccato oggi nel campo profughi denominato ‘la Giungla’ vicino a Calais, nel Nord della Francia, a ridosso del canale della Manica. Nella sua tenda, piena di fango e dove l’acqua entra indisturbata, Biko si riscalda con tre amici attorno a un piccolo fuoco. Sopra hanno messo un bidone di latta per scaldare un po’ d’acqua. Sono tutti giovani africani, vengono da Paesi come Ciad ed Eritrea, e anche loro hanno attraversato il Mediterraneo su un gommone, sono arrivati a Lampedusa ed hanno attraversato l’Europa tra mille difficoltà.
    “Nella giungla ci dovrebbero vivere gli animali, ma adesso ci vivono gli uomini”, continua Biko mangiando un pezzo di pane raffermo. “Abbiamo attraversato l’Italia e l’Europa perché vogliamo andare in Inghilterra visto che parliamo inglese, ma adesso siamo bloccati qui da mesi”, continua Baku sfregandosi le mani vicino al fuoco. “Se lo avessimo saputo, saremmo rimasti in Italia, lì stavamo meglio. Qui non c’è niente, fa freddo, piove nelle tende e il cibo è scarso”, continua Baku, abbozzando ogni tanto qualche parola in italiano. Fuori dalla tenda, immondizia e rifiuti ovunque. Sulla parete di una piccola baracca si legge “doccia calda”, insufficiente per servire adeguatamente gli oltre 4000 migranti presenti nel campo, anche se la stima è del tutto approssimativa. Ognuno si lava come può, alle fontane e lavabi comuni a disposizione.
    L’acqua viene raccolta in bottiglie e recipienti vari, qualcuno usa perfino dei sacchi dell’immondizia. Le toilette chimiche sono in pessime condizioni, tanto che qualcuno preferisce fare i propri bisogni all’aperto.
    Questa notte Ahmad, 26 anni, iraniano, proverà con i suoi amici ancora una volta ad attraversare clandestinamente la Manica. “Ci sono trafficanti di uomini che con seimila sterline ti portano dall’altra parte. Ma chi ce li ha tutti quei soldi? Proveremo a salire sui tir, ma non è facile”. Ahmad spiega che, con le nuove recinzioni costruite dalle autorità francesi, “bisogna camminare più di un’ora fino alla pompa di benzina più vicina, e lì cercare di salire su qualche tir”. “Poi la polizia è diventata più severa, ci sono molti più controlli, ma noi non possiamo restare qua”, conclude. I suoi amici, tre ragazzi iraniani più o meno della stessa età, annuiscono. Uno di loro continua a tossire. Un medico di Médecins sans frontières spiega che nel campo ci sono molti malati di polmonite e bronchite, e si registrano anche casi di scabbia. “Noi cerchiamo di fornire soprattutto cure di base”, spiega il medico, secondo il quale “più che di medicinali e volontari, c’è bisogno di interpreti, soprattutto dall’arabo e dal farsi”, vista la massiccia presenza di profughi siriani, afghani e iraniani.
    La mattina presto i volontari delle molte associazioni attive sul campo, come La Vie Active, Médecins du Monde e Msf, spiegano che i migranti riposano perché per tutta la notte hanno cercato di raggiungere l’Inghilterra, ognuno come può. I tir restano i mezzi preferiti e gli altri protagonisti di questa roulette russa sono proprio i camionisti. Alla più vicina stazione di benzina e sosta, a circa 5 chilometri dalla Giungla, si respira diffidenza. “Abbiamo paura dei migranti, sappiamo che a volte possono diventare aggressivi”, confessa un camionista spagnolo, che qualche settimana fa ha trovato due uomini e una donna a bordo del suo veicolo. “Noi rischiamo anche multe salate se la polizia ci trova migranti a bordo perché veniamo considerati come complici”. Un altro camionista, anche lui spagnolo, racconta di un amico che si è trovato a bordo 17 migranti. “Ci deve essere qualcuno specializzato a scassinare le serrature dei camion perché noi non ci accorgiamo di niente”, spiega il camionista partito da Barcellona. “A volte si infilano anche sotto il camion, ma lì è più rischioso perché possono cadere e poi i cani della polizia ai controlli li trovano subito”.
    Di ritorno al campo profughi, entrando dalla parte est, si nota una nuova area in costruzione con decine di grandi container bianchi. Alcuni volontari spiegano che le autorità francesi stanno predisponendo un’area con 120 container attrezzati ad accogliere circa 1500 profughi. Tuttavia gli stessi migranti guardano questa nuova struttura con sospetto, perché temono che al suo interno verrebbero schedati e registrati presso le autorità francesi, procedura che precluderebbe loro la strada all’Inghilterra in base alla convenzione di Dublino. E l’unica ragione di vita all’interno della Giungla, resta proprio raggiungere l’Inghilterra. (ANSA)