App Immuni, Roberto Esposito (DeRev): Privacy garantita, ecco perché

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Esperto di innovazione per vocazione, Roberto Esposito all’età di 26 anni entra nel Guinness World Record per il maggior numero di commenti ad un singolo post di Facebook, che in 3 mesi viene commentato da oltre 600.000 persone. Grazie alla capacità di coinvolgere persone sui social media attraverso la sua DeRev, viene nominato nel 2013 Digital Democracy Leader dal Parlamento Europeo e Microsoft, mentre nel 2018 viene inserito tra i 10 Italian Leaders da Leadership Arena. Sui suoi canali social (tra Instagram e Facebook si avvicina a 100mila followers) dà consigli e analizza dall’interno le logiche e le dinamiche con cui funzionano le strategie di comunicazione digitale, le racconta a chi spesso è destinato a “subirle” o le osserva solo dall’esterno. Nel periodo della polemica infuocata sui vaccini è stato consulente del Ministero della salute, oggi al centro dell’attenzione anche per il lancio di Immuni.

Qualche giorno fa ha pubblicato un video su Immuni che in poche ore ha realizzato 20 mila visualizzazioni. Cosa pensa dell’app voluta dal Ministero della Salute?
Devo dire che ho scoperto con sorpresa che su oltre 1000 partecipanti al mio sondaggio su Instagram circa un terzo non ha intenzione di scaricare l’app sul proprio smartphone. Quindi ho chiesto quale fosse il motivo, ed è venuto fuori che nella maggior parte dei casi è legato ad una comprensibile preoccupazione sulla privacy, sui dati raccolti dall’app e sull’utilizzo che ne potrà fare il Governo.

C’è ragione di preoccuparsi?
Immuni è un’app realizzata in open source, e cioè il suo codice è pubblico per cui chiunque può accedervi e studiarlo per capire esattamente tutti i meccanismi, le funzionalità e le azioni che questa app compie. Non ci sono segreti insomma, e leggendo i pareri di tanti esperti che seguo sui social pare pure che sia fatta molto bene dal punto di vista tecnico rispetto alle piattaforme solitamente realizzate dalla pubblica amministrazione.

Da dove nascono allora tanti discorsi a volte anche un po’ estremi sul tracciamento dei dati?
Mah, qui il discorso si fa lungo. Certo è che quanto a tracciabilità basti sapere che colossi come Google o Facebook offrono a operatori che, come me, si occupano di social media dei pannelli attraverso cui è possibile usare tutti i nostri dati per mandare promozioni, offerte e annunci pubblicitari. Permettono di incrociare tutte le vostre informazioni, i gusti, i comportamenti e le abitudini per mandarvi annunci mirati e personalizzati. Questo è possibile perché dai nostri smartphone vengono raccolte tutte le vostre informazioni, ogni azione e ogni vostra attività, inclusa la nostra posizione in tempo reale.

E Immuni?
Immuni non ne raccoglie e non ne utilizza neanche uno. Dunque, possiamo stare tranquilli e mettere da parte i timori o, nei casi più estremi, le teorie del complotto secondo cui il Governo vorrebbe i nostri dati per controllarci. Piuttosto, se vogliamo fare le battaglie concentriamoci su quelli che sono realmente i problemi da risolvere in questa fase dell’emergenza.

Cosa fa dunque Immuni?
Genera un codice casuale che cambia ogni ora, un po’ simile a quello dei token di sicurezza delle banche, e utilizza il bluetooth del vostro smartphone per inviarlo a tutti gli altri smartphone che incontra, registrando inoltre la distanza e la durata del contatto tra i due. In questo modo, se due persone hanno l’app installata e si incontrano, i loro due smartphone si scambieranno questo codice, e dunque ognuno memorizzerà nel proprio smartphone i codici di tutte le persone con cui si è venuti a contatto.

E in caso di positività al virus?
Se nei 15 giorni successivi una persona dovesse risultare positiva al Covid19, questa dovrà comunicare agli operatori sanitari il codice presente nella propria app e di conseguenza, in maniera del tutto anonima e senza neanche conoscere o poter rintracciare i destinatari, partirà una notifica verso tutti gli altri codici memorizzati, per avvisare dunque tutte le persone con cui si è entrati in contatto nell’ultimo periodo, informandole su quanto è durato il contatto e a quale distanza.

Con l’app il telefonino diventa uno strumento di prevenzione.
Esatto. Ogni giorno ciascuno di noi fornisce milioni di dati a tutte le app che utilizziamo, e lo facciamo perché – più o meno consapevolmente – accettiamo di utilizzare un servizio gratuito che ci è utile o serve ad intrattenerci offrendogli in cambio i nostri dati. In questo caso, invece, si tratta di scaricare un’app per cui non bisogna pagare niente, non viene raccolto nessun dato, non dobbiamo fare niente se non tenerla installata e soprattutto, non dobbiamo farlo per fare un favore al ministero della salute ma per fare un favore a noi stessi e a chi ci sta intorno.