Appalti pubblici, tre spunti per ripartire

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Riceviamo a pubblichiamo, da parte dell’avvocato Vincenzo Pugliese.

Gent.mo  Direttore,
il dibattito che ospita la sua autorevole testata, scaturito dalla volontà del Governo di riformare la disciplina degli appalti pubblici, si basa su un confronto tra tesi tutte tecnicamente apprezzabili. Si configura per il decisore pubblico, una specie di dilemma etico: assumere una decisione che prevede più opzioni corrette (giusto Vs giusto), ma confliggenti. Pertanto è necessario individuare la rotta, per approdare definitivamente a quel porto sicuro, da sempre, tanto ricercato da tutti gli stakeholders.
Da cittadino, che si approccia a questa materia sia da avvocato che da consulente, mi viene sempre in mente la paradossale storia di John Githongo, politico kenyota, capo del dipartimento anti corruzione su nomina del presidente Kibaki, costretto a rifugiarsi a Londra, perché perseguitato dalla sua stessa compagine governativa che stravinse le elezioni politiche promettendo proprio l’eliminazione della corruzione (consiglio “It’s Our Turn to Eat” di Michela Wrong).
In sintesi, si possono dedurre dall’episodio su menzionato due elementi particolarmente rilevanti: database e formazione. Escludo, con coscienza e volontà, la normazione. Maggiore è la discrezionalità, minore è la corruzione; maggiore è il bisogno di regolare e più aumenta l’interesse a sviare. Perché nel mondo accade questo? Glaucone, 2500 anni fa, lo spiega chiaramente: le persone trovano vantaggioso mettersi d’accordo per non farsi ingiustizia a vicenda. Così hanno cominciato a fare patti fra loro, all’insaputa del sovrano. Posizione poi ripresa da Hobbes (pactum unionis). Il mondo di Glaucone è identico al nostro: c’è la sfera privata fatta di sopraffazione e quella pubblica basata su timori e ambiguità. La sfera pubblica però è il luogo della sorveglianza. Quindi all’uomo ingiusto preme tantissimo passare per giusto, piuttosto che essere giusto ed avere la reputazione di ingiusto. Pertanto, ammesso che buona parte della crisi sistemica degli appalti in Italia sia riconducibile alla natura umana, la leva degli incentivi/controlli è effettivamente arrugginita. E la colorita narrazione di questi eventi malavitosi contribuisce ad abbassare il livello etico dei cittadini, perché non produce fiducia.
Il nostro Paese ha di fronte a sé l’Africa. Visto che l’approccio sanzionatorio ha evidentemente peggiorato la situazione, il Legislatore può solo scegliere di innovare. Suggerisco tre punti dai quali ripartire: – database: qual è la percezione della corruzione e dei conflitti di interesse? Il numero delle denunce e delle condanne? ; – riorganizzazione del mercato: quanto costa riservare delle gare alle PMI (vero tesoro nazionale)?; carriere: quanto incide la presenza di un manager degli acquisti pubblici (procurement specialist), sottoposto alla carriera (come i magistrati) e formato nelle migliori università italiane e straniere?