Aspettando l’autunno (e nella speranza che nel frattempo venga seppellita l’ascia di guerra)

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Ancora una volta in tutto il mondo, in Europa in particolare, da qualche giorno hanno preso il via un atteggiamento e un modo di fare nel mondo della finanza, certamente non costruttivi, con pesanti ripercussioni su quello dell’economia produttiva. Quando è scoppiata la pandemia, ormai si va verso il terzo anno, da Bruxelles arrivò ai governi dei paesi membri una disposizione paragonabile al “libera tutti” previsto nel gioco del nascondino. Più precisamente, tra le altre misure adottate, abbastanza simili a quelle che si introducono in caso di una guerra combattuta nel senso letterale del termine, furono sospesi i vincoli di bilancio previsti per ciascun paese. Quel provvedimento doveva essere una specie di incentivo concesso dal centro ai vari governi locali per fare tutto il possibile per attraversare nel meno peggiore dei modi quell’ uragano che si era parato innanzi al mondo intero. Qualcuno che aveva usato un’espressione analoga qualche anno prima con riferimento all’euro, seppure in inglese e a Londra, di li a poco avrebbe indossato l’abito scuro di primo ministro italiano, solo per colore il Professor Mario Draghi. Ciò accadeva proprio mentre sembrava che le dimensioni del contaggio fossero arrivate al centro del triangolo delle Bermuda. Non solo non è stato così, quanto un altro stato di allerta, nel Paese come negli altri della EU, si è affacciato per un altro evento altrettanto negativo se non più: l’invasione dell’ Ucraina da parte della Russia. Essa ha coinvolto immediatamente il resto del mondo, seppure in maniera indiretta. Salvo a divenire nel giro di un mese o poco più un vero e proprio conflitto globale. Definire in tal modo l’eccidio e la distruzione che si stanno concretando con sempre maggior forza al confine orientale dell’Europa, trae origine dalla necessità di esorcizzare il concetto di terza guerra mondiale. Anche se, nonostante tutte le alchimie concettuali, è il mondo intero a essere in guerra e tanto è sotto gli occhi di tutti. Guerra alla fame, guerra alla povertà, guerra all’inquinamento e, in particolare, a chi attenta in generale agli equilibri politici realizzati a fatica dalla comunità mondiale dall’ inizio della seconda metà del secolo scorso a oggi. Quindi, la si definisca come meglio si crede, anche l’Europa è in guerra e con essa l’ Italia, quest’ultima peraltro in maniera particolarmente impegnativa. Al punto in cui è arrivata la brutta vicenda, come altre volte è già successo, i vari governi della EU si trovano in una situazione divenuta ormai uno stereotipo. Essa è paragonabile a quella collocata tra i punti di riferimento perché narrata nel film di alcuni anni or sono Sliding Doors. Si tratta di un bivio epocale quello che si è presentato da qualche giorno all’attenzione dei governi dei singoli stati e della stessa commissione economica della EU. Ortodossia politico sociale, più semplicemente il buon governo, richiederebbe che le misure economiche, finanziarie e fiscali messe in piedi per far fronte alle esigenze scatenate dalla pandemia, esaurissero a stretto giro la loro efficacia e che ritornasse in vigore lo status quo ante, seppure in forma riveduta e corretta. Dall’altro canto, nel frattempo hanno preso corpo, a causa del conflitto in atto, altre problematiche per alcuni versi ancora più importanti della catastrofe sanitaria che, non è superfluo ricordarlo, non si è ancora data per sconfitta. Sono i forti disagi per l’approvvigionamento di combustibili fossili provenienti da quella parte del mondo la cui rarefazione sta dando spinte verso l’alto al costo di ogni bene o servizio a condizionare ogni forma di convivenza civile. Tale strettoia, per alcuni aspetti una vera e propria dicotomia, insieme all’alto tasso di inflazione che sta pervadendo il mondo in maniera violenta anche se differenziata, fa esprimere gli economisti e gli esperti di problemi sociali, con previsioni a dir poco catastrofiche su quanto accadrà alle diverse realtà geopolitiche già dalla fine dell’ estate. Se ciò non fosse ancora sufficientemente bastevole, chi appena distingue la domanda dall’offerta non avrà dormito sonni tranquilli o non lo avrà fatto del tutto. Il direttore di un importante quotidiano economico, al termine di una rigorosa quanto puntuale intervista rilasciata alla TV di stato, ha affermato che gli italiani devono stare tranquilli perché, dopo il brutto tempo, esce sempre il sole. È mancato solo che aggiungesse che dopo la notte buia viene il giorno luminoso, perchè Monsignor de la Palisse, da dove attualmente si trova, lo designasse sul campo suo degno successore. Si prova a ridere per esorcizzare quanto effettivamente a breve potrebbe accadere.  Del resto, rimanendo vicini al modo di ragionare appena riportato, è facile affermare che dopo l’estate arriverà l’autunno che è stagione giudicata dai più meno bella di quella che lo ha preceduto. Con una caratteristica peculiare: essa è l’anticamera dell’inverno e potrebbe diventarla anche dell’inferno, se nel frattempo non sarà stata seppellita l’ascia di guerra. Almeno per cominciare, tanto per usare ancora una volta un luogo comune, alla fine del tunnel c’è sempre la luce. O no?