Aspettando Rebecca (Horn)

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in foto installazione di Rebecca Horn al Museo Madre

Domenica d’un agosto pre pandemia, Museo Madre. Un visitatoreconbambino, immagine piuttosto rara per periodo e temperatura esterna, ripete per varie volte il giro della sala dedicata a Rebecca Horn e, con il linguaggio più didascalico che riesce a trovare, spiega al giovanissimo che tiene sulle spalle, che teschio e specchio significano: ”ricordatichedevimorire”. Buona pace per la famosa, antica attrice napoletana che esprimeva questo sintetico avvertimento al maresciallo suo datore di lavoro.
L’arte della Horn aveva colpito nel segno e sollecitato nei due visitatori, d’età, gusti e capacità differenti, la medesima curiosità di capire, di ritrovarsi nell’immagine, di interpretare il segno. Non è da tutti, non è da poco. Il supporto dell’allestitore spesso serve proprio a instillare nel visitatore l’autoidentificazione, la voglia di capire l’opera e il suo autore. Con questa installazione al Madre la Horn ha realizzato un espressione che fosse arte ed interpretazione. Poco importante se, alla fine, il visitatore avesse centrato pienamente, in parte o per niente il significato che l’autrice aveva voluto dare alla sua opera. Fondamentale che avesse sentito di averla compresa, che si fosse ritrovato in qualche modo nei segni e nei modi installati. Obbiettivo centrato per la Horn. Standing ovation. Anche l’installazione a Piazza del Plebiscito aveva raccolto commenti, a volte anche irriverenti, che però esprimevano proprio il raggiungimento dell’obbiettivo dell’artista: esprimere il profondo legame dei napoletani con quel mondo dei morti che il Cimitero delle Fontanelle e i suoi antichi rituali rappresentano. Ed ora di nuovo Rebecca. La dimensione più elitaria, quella della galleria, sempre la stessa, con dedizione da fedelissima Arma. La Horn torna alla Galleria Trisorio ed è subito attesa. Il 12 marzo il vernissage, e poi di nuovo l’artista sarà a disposizione dei napoletani. Saranno esposte sculture meccaniche e ben tre disegni le cui dimensioni corrispondono alla massima estensione del suo stesso corpo. Pennelli, scarpe da sposa, oggetti di vario genere. Sarà interessante capire se, ancora una volta, l’artista ha preferito percorrere la strada dell’interpretazione rendendo le sue opere piacevolmente fruibili non solo dal pubblico colto e strutturato delle gallerie, ma anche da quella fascia di persone che ne hanno conosciuto l’opera per strada, oppure al museo. Un pubblico modello standard, non necessariamente dotato strumenti culturali specifici, ma desideroso di lasciarsi prendere e riconoscersi nel mondo e dalle evocazioni dell’artista. Chivivràvedrà. Le prove che la Horn ha già offerto al pubblico napoletano, e che l’hanno resa indimenticabile a chiunque abbia percorso la piazza del Plebiscito, sono un buon auspicio. Napoli ha bisogno di artisti che sappiano mediare il grande retaggio della cultura del passato con i segni e le tecniche delle sensibilità contemporanee.