Tra i frutti della terra che furono individuati dagli ominidi come fonte di nutrimento già all’alba dei tempi, un posto di riguardo di sicuro lo meritano i cereali. Le datazioni non sono agevoli quando ci si riferisce a epoche così remote, anche se per alcune piante, grazie a indagini partenti da rilevazioni diverse, talvolta fortuite, si sono potuti mettere dei picchetti abbastanza ravvicinati per individuare almeno il millennio nel quale collocare quanto oggetto della ricerca. Studiando le glaciazioni è venuto fuori che la vitis vinifera, quella che dà l’uva da vino, esisteva già più di sei milioni di anni fa. Certo non era la stessa pianta che si vede oggi, anche perché, appartenendo alla famiglia delle liane, cresceva strisciando sul terreno. Con una serie di collegamenti e di altra deduzioni, gli addetti ai lavori hanno stabilito, seppure a colpi d’ascia, che i primi ominidi di li a poco avrebbero intuito che le granaglie sarebbero potute essere un valido complemento della loro alimentazione. Essa, fino a allora, era stata basata sulla carne che si procuravano cacciando. Nel bacino del Mediterraneo, già nell’ epoca classica, si imperniarono intorno alle granaglie due grandi scelte colturali. Una, originatasi in Grecia che predilesse la coltura dell’orzo; l’altra, di cui furono artefici gli imperatori romani, dedita a ampliare il quantitativo prodotto nei loro domini, seminando in ogni paese che conquistavano che ritenessero idonei alla bisogna. Andando avanti nei secoli, tale orientamento si è addirittura rafforzato, facendo arrivare il grano e la farina che se ne ricava a essere la componente più importante dell’ alimentazione del mondo animale. Precisando così che molte specie di bestiame allevate in stabulazione, si nutrono prevalentemente di granaglie, compreso il mais. Da quest’ultimo cereale si ricava un olio adoperato in diverse produzioni destinate all’alimentazione umana.Dell’ importanza economica a tutto tondo dei cereali, che sono ai primi posti tra ciò che un paese ricava dal settore primario, sono state scritte pagine e pagine, quindi è inutile aggiungere altro, salvo una situazione degna di nota. Negli ultimi 50 anni, chiunque si sia recato da un dietologo per qualsiasi tipo di problema nutrizionale oltre quello della forma fisica, la prima indicazione che riceve è di ridurre il consumi della quantità di pasta e pane. Situazione che fa sorridere malinconicamente, se si pensa che in Italia, nel dopoguerra e durante la ricostruzione, la dieta tipo era almeno mezzo chilo di pasta a pranzo e la sera la stessa quantità, però di pane.Tutto il resto non era ritenuto indispensabile, tranne frutta e verdura. Arrivando a passi da gigante a oggi, il mondo civile deve prendere atto che tra le altre storture provocate da quanti hanno elaborato programmi e piani di lunga portata, volti prevalentemente alla soddisfazione di bisogni creati, hanno trascurato di porre attenzione su come modernizzare e ottimizzare la produzione di quanto occorre per far fronte ai bisogni primari, in testa agli altri l’alimentazione. In tal modo si è creata una situazione di posizione dominante di Russia e Ucraina, che da sole soddisfano oltre la metà del fabbisogno mondiale di quei prodotti.E pensare che solo in Italia restano incolti ogni anno da molto tempo dai 3,5 ai 4 milioni di ettari non messi in produzione. Nel mondo esistono molte situazioni analoghe e si capisce così come si sia arrivati all’attuale impasse. L’India ha deciso di interrompere da subito l’export di grano, avendo fondati dubbi sulla bastevolezza della propria produzione per l’autoconsumo. Si ritorna così pari pari a concepire l’export più o meno come accadeva in Inghilterra ai tempi di Adam Smith: si esporta solo ciò che supera il consumo del paese, ben lontani dal concepire l’export come una attività incondizionata o quasi. Di diverso avviso erano già da allora gli olandesi, che di commercio estero vivevano.L’umile grano, anche se il mondo ne avrebbe fatto volentieri a meno, sta presentando alla società il conto di tali comportamenti poco oculati. Se è vero come è vero che è già in atto una querra vera è propria degli jdrocarburi, potrebbe prendere forma a stretto giro un’ enorme sommossa per la questione cereali che coinvolgerebbe paesi produttori e non, di dimensioni decisamente ampie. È successo già in tempi recenti, all’epoca della Rivoluzione Francese e attualmente i presupposti per far si che un evento del genere si ripeta ci sono già tutti. Non sempre repetita juvant e quello che si sta concretando con pericolosa velocità fa parte di esse.