Bandiere del gusto a quota record: sono 4.866. Sul podio Toscana (461) e Campania (457)

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Agroalimentare: record delle specialità regionali che vanno a comporre la mappa del gusto italiano, nel 2015 se ne registrano 4.866. Le ha censite Coldiretti da nord a sud, che ha così mappata quella che è considerata una biodiversità enogastronomica unica al mondo. Al padiglione Expo ‘No farmers no Party’ Coldiretti ha presentato oggi le ‘Bandiere del gusto 2015’, le specialità italiane regione per regione, dove per “specialità” si intendono cibi e prodotti preparati sulla base di ricette che hanno almeno 25 anni di tradizione alle spalle. Ecco allora che, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, Coldiretti ha censito il ‘salame d’la doja’ del Piemonte che prende il nome dal contenitore di terracotta nella quale viene lasciato a maturare, fino alla ‘cuccija’ della Campania, una zuppa di grano, ceci, mais, lenticchie che da tradizione si consumava il 1 maggio, perché secondo la leggenda popolare chi la mangiava in quel giorno non sarebbe stato aggredito dalle mosche nei campi. In mostra a Expo una piccola selezione dei prodotti più curiosi e “speciali” che l’Italia possa offrire.Rolando ManfrediniSono prodotti tradizionali che testimoniano la grande varietà del made in Italy – ha spiegato il responsabile per la Sicurezza alimentare di Coldiretti, Rolando Manfredini -. In molti casi rischiavano di scomparire. Sono stati recuperati dagli agricoltori. Alcune di queste ricette hanno più di duecento anni“. Sul podio delle bandiere del gusto assegnate a livello regionale, la Toscana, con 461 specialità, seguita da Campania (457) e Lazio (393).

73 new entry 

Sono 73 i prodotti che si sono aggiunti alla mappa italiana del gusto rispetto allo scorso anno. Tra le new entry si trova la ‘soperzata’ di Rivello della Basilicata, un salume che si distingue per qualità e metodo di produzione dai tanti insaccati del meridione d’Italia anche grazie alla ricetta di tre secoli. Una ricetta antichissima è quella della ‘torta al testo’ dell’Umbria, una schiacciata di farina, sale, acqua e olio di oliva il cui nome deriva dal ‘testo’, la pietra piatta refrattaria resa rovente dal fuoco e utilizzata in origine per la sua cottura. In Sardegna tra i distillati c’è il ‘filu ferro’ il cui nome ricorda la pratica adottata nella seconda metà dell’Ottocento dai distillatori dell’isola, per evitare la confisca della grappa che veniva interrata in bottiglie localizzabili da un filo di ferro che spuntava dal terreno in superficie. Spostandosi al nord i nomi delle specialità regionali sono altrettanto curiosi: in Lombardia c’è il ‘biscotin del Prost’ della Valchiavenna, confezionato a mano da secoli come se fosse un’opera d’arte; in val d’Aosta c’è il ‘tetoun’, così chiamato perché è ottenuto dalla salmistrazione delle mammelle bovine autoctone; in Emilia-Romagna l’ “imbalsadura”, minestrina di piselli, pancetta e pomodoro; in Puglia il “carciofo di Mola”; in Sicilia il cannolo tradizionale di Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela che si distingue dagli altri per essere fatto con scorza ottenuta da farina di grani antichi (maiorca), fresca ricotta di pecora, scaglie di cioccolato fondente 70% (grattugiato al momento) e miele di zagara al posto dello zucchero raffinato.