Beni confiscati: 5 su 10 mai assegnati

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A 25 anni dalla legge 109 del 1996 per il riutilizzo sociale dei beni confiscati, Libera, l’associazione contro le mafie fondata da don Luigi Ciotti, fa un bilancio e scopre che su 10 beni confiscati, 5 restano ancora da destinare e che passano in media 10 anni tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale, troppi. Il contributo che il sempre piu’ vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalita’ economica e ai corrotti puo’ apportare agli sforzi per assicurare una ripresa in Italia post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettivita’ e le politiche sociali diventassero una priorita’ politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilita’ ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali. Dal dossier Fattiperbene emerge che sono 36.600 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi, il 48% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalita’ istituzionali e sociali, ma ben 5 beni su 10 rimangono ancora da destinare. Il maggior numero di beni immobili confiscati e’ in Sicilia(6906), seguono Calabria (2908), Campania(2747), Puglia(1535) e Lombardia (1242). Sono invece 4384 le aziende confiscate, di queste il 34% e’ stata gia’ destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; il 66% e’ in questo momento ancora in gestione presso l’Anbsc. Anche qui la Sicilia e’ prima tra le regioni per il numero aziende destinate (533) seguono Campania (283), Calabria (204) e Lazio (160). “In questi 25 anni – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e renderne operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, commissariati, centri aggregativi per giovani e anziani, realta’ produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. Un enorme lavoro corale, insomma, che dopo 25 anni ci chiede pero’ uno scatto ulteriore di impegno, intelligenza e determinazione. La legge puo’ essere migliorata, potenziata sia nel dispositivo che soprattutto nell’attuazione. C’e’ una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. Non possiamo permettere che tutto questo si traduca in un messaggio pericoloso: cioe’ che la 109 e’ un bluff, uno specchietto per le allodole”. Sul fronte delle aziende la maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilita’ dello Stato prive di reali capacita’ operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte pero’ sono scatole vuote, societa’ cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuita’ produttiva. Su un totale di 4.384 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, quelle destinate sono state quasi tutte liquidate. Ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.919. Di queste pero’, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive.