Bimbi abbandonati alla nascita. Perché una mamma lascia suo figlio

Si chiamano “madri segrete”. Sono le donne e madri che arrivano dalle pieghe di una società profonda, emarginata, sommersa, dove le vecchie povertà si fondano con gli emergenti bisogni e le nuove povertà. Il loro volto è clandestino, immigrate, senza patria, ma anche italiane e talvolta giovanissime, a volte poco più che ragazzine. Sono donne, sono giovanissime ma anche adolescenti cresciute in fretta, magari violate. Sono sole e spaventate. Sono genitrici, partoriscono e non riconoscono il loro bambino e lo lasciano in ospedale, affidato alle mani di medici ed infermieri. La cronaca di queste ultime settimane ci ha raccontato del piccolo Enea, lasciato nella “culla della vita” della clinica Mangiagalli – che ha sostituito quella che un tempo era la ruota degli esposti- lasciato dalla madre ad una settimana dal parto, con tanto di biglietto. Poi c’è stata la bimba nata in un capannone dismesso alla periferia di Miliano, portata dalla madre all’ospedale Buzzi del capoluogo lombardo. E poi ancora altri. Ogni anno di più. Da un’indagine condotta dalla SIN – Società Italiana di Neonatologia, sono stati negli ultimi anni 56 i neonati non riconosciuti dalle mamme italiane. Nello specifico, nel 62.5% dei casi si tratta di neonati non riconosciuti da madri straniere e nel 37.5% da mamme italiane che nel 48.2% dei casi hanno tra i 18 e i 30 anni. Spia di un’emergenza infanzia nascosta e drammatica. Piccoli che vengono affidati ai Servizi Sociali dal Tribunale per i Minorenni, ad accoglierli famiglie in lista per un’adozione, che diventa più difficile per quei minori con handicap. Le mamme, secondo la legge, hanno tre mesi di tempo per poterci ripensare, dopodiché quel figlio sarà ignoto, accolto nelle vite di altri. Il bambino resta, la madre biologica scompare. Sono madri segrete che lasciano il reparto di maternità da sempre luogo di attesa, di vita e di gioia, da sole e senza alcun conforto. Dietro questa decisione estrema ci sono uomini violenti, relazioni tossiche, religioni intolleranti, famiglie che vivono la gravidanza come uno sbaglio, un tabù agli occhi della società, prostituzione, clandestinità, violenze sessuali, o difficoltà di gestione, con anche difficoltà economiche. Sembrava un mondo, una società superata quella dei figli indesiderati e anonimi ed invece prepotente come non mai si riflette nella società attuale. Motivazioni diverse spingono a questa scelta, ma tutte sono legati alla volontà di dare un futuro migliore al loro bambino. Se una madre abbandona il suo bambino viene giudicata male dalla società. Anche se a volte è l’unica scelta possibile, per il bene di tutti. In chi resta solo, e non può capire, si apre una ferita profonda. L’abbandono rappresenta un momento critico tanto per la madre quanto per il neonato, che sono intimamente legati l’uno all’altro. La ferita che inevitabilmente, si viene a creare riguarda sia la madre che abbandona, sia il bambino che viene abbandonato e poi adottato. Questa esperienza così drammatica provoca una ferita che s’imprime nel bambino, che costruisce la rappresentazione di se stesso attraverso la relazione con la madre: se è presente, si sentirà sicuro e quindi degno di essere amato. Da grande si fiderà degli altri, avrà relazioni serene. Me se viene abbandonato o ha una madre assente, formerà di se stesso la rappresentazione di un individuo che non è degno di amore e nel corso della vita, se non farà un suo percorso personale, cercherà in tutti i rapporti relazionali la conferma di questo, sarà incline alla rabbia, ai conflitti, cercherà negli altri rifiuto e abbandono.

 

A queste si aggiungono lo stigma sociale e l’infamia. Anche se entrambi soffrono, l’abbandono e l’elaborazione della perdita ha un’incidenza maggiore sulla madre. Ciò che rende difficile elaborare la perdita, al cospetto del lutto, è che i figli ci sono, sono vivi, non sono nell’aldilà. Per questo motivo, nel tempo può portare la donna a fantasie sul proprio figlio e alla sua ricerca. Vengono lasciate sole col vuoto interiore e col loro pesante dolore, senza alcun supporto psicologico, che le aiuti a riconoscere la propria decisione e a perdonare sé stesse. La scelta di essere una madre segreta, ha mille motivi, radici profonde, forse a volta poco ponderate, perché nonostante si parli di maternità, di natalità, i servizi di supporto alle future mamme, nel nostro Paese sono quasi inesistenti, gli stessi consultori, tanto voluti e che nascevano con la finalità di sostenere la genitorialità, vivono carenze di personale e di fondi, per cui la donna non è accolta, non è supportata, non esistono forme di sostegno tali da accompagnare una tale decisione. Anche negli ambienti ospedalieri non c’è tatto, delicatezza verso queste donne, ci sono infermiere che trattano con superficialità e distacco, le stesse altre gestanti sono giudicanti, perché lasciate nella stessa stanza con le partorienti “normali”. Una crudeltà far entrare madri con destini diversi. E poi c’è la società che dovrebbe comprendere e non giudicare. L’errore che si commette è pensare che queste donne non amino i loro figli. Non è così. Anche questa è una forma d’amore.