Bruxelles rifà i conti a Roma

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Bruxelles, 8 nov. (AdnKronos) – Italia fanalino di coda in Europa per la crescita. La Commissione europea rivede le stime e parla di un incremento del Pil dell’1,2% l’anno prossimo, a fronte dell’1,5% messo nero su bianco dal governo gialloverde e del +1,1% stimato dallo stesso esecutivo comunitario nello scorso luglio. Se la crescita attesa nelle Previsioni economiche d’autunno viene corretta leggermente al rialzo, incorporando un e una ripresa delle esportazioni, quello che preoccupa la Commissione, e dietro di lei tutti gli Stati membri dell’Eurozona, è il sensibile deterioramento del rapporto tra deficit e Pil, che se il Mef vede al 2,4% nel 2019, la Dg Ecfin prevede invece al 2,9%, pericolosamente vicino alla soglia limite del 3% fissata dal patto di stabilità.

Nel 2020 la previsione è di un deficit al 3,1%, a politiche invariate e senza incorporare l’aumento dell’Iva già legislato. Per non parlare del deficit strutturale, che per la Commissione si deteriorerà dall’1,8% del Pil potenziale del 2018 al 3% nel 2019. Le stime della Commissione europea e dell’Italia sul rapporto tra deficit e Pil nel 2019 e nel 2020 “divergono”, ha spiegato il commissario agli Affari economici e Finanziari Pierre Moscovici, principalmente perché “le nostre proiezioni di crescita sono più conservative e quelle sulla spesa sono più elevate” di quelle del Mef, anche “a causa dei costi più alti” del servizio del debito, dovuto al rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato. Spesa per interessi che la Commissione stima in 0,15 punti percentuali aggiuntivi sul deficit del 2019: per i servizi dell’esecutivo comunitario, il rendimento medio dei titoli di Stato decennali è proiettato per l’anno prossimo al 3,7%, mentre per il governo sarà del 3,3%. Una stima che la Commissione, ha precisato Moscovici, non si è inventata, ma ha fatto utilizzando i metodi “abituali”, cioè basandosi sulla media dei rendimenti registrati nei dieci giorni precedenti la chiusura delle Previsioni economiche.

Di fatto gli effetti espansivi della manovra, secondo le previsioni della Commissione, saranno limitati, tra l’altro, dalla maggiore spesa per interessi, che avrà anche effetti negativi sull’offerta di credito, dato che le banche, per rispettare i coefficienti patrimoniali, dovendo svalutare i titoli di Stato in portafoglio vista l’impennata dello spread negli ultimi mesi, potrebbero essere costrette a tagliare l’attivo, cioè gli impieghi. Senza contare il fatto che “la retromarcia sulle riforme strutturali non fa ben sperare per l’occupazione e per la crescita potenziale”. In ogni caso nel 2018-20 l’economia italiana resterà, almeno nelle proiezioni della Commissione, la tartaruga sia dell’Eurozona che dell’Ue, fatta eccezione per il 2020, quando, sempre secondo le stime dell’esecutivo comunitario, supereremo di un soffio il Regno Unito, che tuttavia per allora dovrebbe essere già fuori dall’Unione. Pertanto, viene ribadito il messaggio già enunciato dal presidente della Bce Mario Draghi nell’Eurogruppo di lunedì scorso: gli Stati membri dell’Ue, scrive il direttore generale agli Affari Economici e Finanziari Marco Buti, “in particolare quelli con elevati livelli di indebitamento, devono praticare politiche di bilancio prudenti per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche”. Il debito pubblico italiano è previsto dalla Commissione stabile intorno al 131% nel triennio 2018-2020; il problema è che la crescita dell’Eurozona sta rallentando e ci sono “rischi al ribasso più intensi” per le prospettive di crescita dell’Italia, caratterizzate da “un alto grado di incertezza”.

La e il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha parlato di “defaillance tecnica” della Commissione e di analisi “parziale”, mentre per il premier Giuseppe Conte l’esecutivo comunitario sottostima l’impatto che la manovra avrà sull’economia italiana. Moscovici ha difeso con vigore, prima delle parole di Tria, i servizi della Commissione: “Dico a coloro che dubitano o che vorrebbero lanciare polemiche politiche inutili – ha detto – che i servizi della Commissione lavorano in modo indipendente e imparziale, cosa che assicura la credibilità delle previsioni, da più decenni. Questa imparzialità non deve essere messa in dubbio”. Moscovici ha anche sdrammatizzato, sottolineando che le divergenze nelle previsioni tra l’esecutivo comunitario e i Paesi membri sono assolutamente normali. Ci sono state, ha ricordato, “differenze di valutazione macroeconomica con, per esempio, il governo italiano precedente. Non è la prima volta che vediamo differenze di questo tipo. E l’Italia non è la sola ad essere in questa situazione”. Ma quando gli si chiede se c’è spazio per un compromesso con Roma, il politico parigino è chiarissimo: “Il termine compromesso non mi piace. Penso che non sia la parola giusta”, risponde. Con l’Italia sulla manovra economica “spero che ci sia un riavvicinamento, sicuramente – dice – spero che troveremo una soluzione comune. Ma se l’idea è quella di incontrarsi a metà strada (couper la poire en deux, espressione francese che letteralmente significa tagliare la pera a metà, ndr) non vedo come questo sia possibile”.

Domani il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno incontrerà il ministro Tria a Roma. “Non c’è dubbio che questo incontro sarà utile: spero che sarà fruttuoso”, dice Moscovici. Ma dopo l’immancabile digressione sulla necessità di dialogare con l’Italia, che deve restare “al cuore della zona euro”, il commissario mette i puntini sulle ‘i’: “Sono convinto – dice – che Mario Centeno andrà a Roma anche lui con un messaggio molto chiaro, quello dato dall’Eurogruppo lunedì scorso. I ministri delle Finanze, tutti, appoggiano l’analisi della Commissione e sostengono la Commissione in questa sfida di dialogo”. La flessibilità che la Commissione ha concesso all’Italia nel recente passato è tuttora sul tavolo: “Quando un Paese subisce delle catastrofi naturali – dice Moscovici – quando è toccato nelle sue grandi infrastrutture, come è successo a Genova, quando è flagellato da intemperie che fanno vittime, la Commissione non è insensibile, ma è pronta a tenere conto di tutto questo, come ha fatto in passato, esattamente nello stesso modo”. Tuttavia, “trattandosi di regole – sottolinea – ci si deve riavvicinare, ma bisogna rispettarle. Non ci può essere un negoziato in cui si dice, io prendo un poco e tu prendi un poco e ci troviamo a metà strada”. “Questa non è una cosa che sappiamo fare – continua – e quindi bisogna che le regole e le procedure siano rispettate. E la Commissione non può fare altrimenti; non deve fare altrimenti; nessuno la autorizzerebbe a fare altrimenti; e nessuno capirebbe se facesse altrimenti. Bisogna agire nel quadro delle regole. Regole che abbiamo sempre interpretato con benevolenza, flessibilità, credo intelligenza, e spero utilità. E continueremo a farlo. Ma la flessibilità, l’intelligenza, la benevolenza non significano che di colpo rinunciamo alla nostra ragion d’essere: noi siamo qui per far rispettare i trattati e le regole. Devono essere rispettate da tutti”.

Quindi, formalmente la porta resta aperta, ma il governo italiano deve fare un passo: “Le nostre previsioni sono basate sulle informazioni contenute nel documento programmatico di bilancio: la situazione potrebbe risultare diversa, ma dipende da che cosa ci manderanno la prossima settimana”, dice Moscovici. La Commissione europea attende entro il 13 novembre un documento programmatico di bilancio rivisto, con correzioni “sostanziali”, come ha detto nei giorni scorsi il vicepresidente Valdis Dombrovskis. Al momento il governo Conte non sembra orientato a fare un passo del genere. In queste condizioni, a meno di ripensamenti o sorprese, sempre possibili, la procedura per deficit eccessivo legata al debito pare essere destinata ad avviarsi il 21 novembre, con il rapporto ex articolo 126.3 del Tfue (in passato l’Italia aveva evitato la procedura sul debito per via del rispetto del braccio preventivo del patto di stabilità, che la manovra gialloverde viola). E, in mancanza di correzioni “sostanziali”, l’opinione sulla manovra è destinata a rimanere negativa. Il negoziato con Bruxelles, a quel punto, si sposterà probabilmente sulle modalità e sui tempi della Edp, come viene chiamata in gergo la procedura per deficit eccessivo (nel nostro caso legata al debito, una prima assoluta). Procedura che è lunga, complessa (prevede una quindicina di passaggi) e che diventa più pesante a mano a mano che procede. “Non andiamo troppo veloci – ha detto Moscovici – ci muoviamo passo dopo passo. Oggi le previsioni, più tardi le decisioni. Arriveranno, ma con due linee guida: la prima è che dobbiamo assicurarci che le regole vengano rispettate e la seconda che vogliamo un dialogo con l’Italia. E seguirò sempre, per questa Commissione, queste due linee guida”.