Cala sipario sul Forum di San Pietroburgo, tra sanzioni e promesse

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Cala il sipario sul Forum di San Pietroburgo, per tre giorni luogo di incontro per migliaia di imprenditori da tutto il mondo. Ma anche di dibattito politico, con le sanzioni Ue alla Russia in primo piano e il premier Matteo Renzi che ha portato a Vladimir Putin un messaggio di apertura proprio su questo delicato fronte: nessun rinnovo automatico delle misure punitive, se discute al prossimo Consiglio europeo, e gli accordi di Minsk li devono rispettare tutti, i russi, ma anche gli ucraini. “La posizione italiana è molto semplice: le sanzioni non si rinnovano in maniera automatica ma, o c’è un giudizio su quello che sta accadendo, o diventano ordinaria amministrazione”, ha dichiarato ieri il presidente del Consiglio in conferenza stampa con il capo del Cremlino. L’Italia quest’anno è stato il paese ospite d’onore, con un padiglione di 1.500 metri quadri, organizzato dall’associazione Conoscere Eurasia, dove si sono ritrovate le aziende che a Pietroburgo hanno siglato accordi per 1,3 miliardi euro. Per ora, ha fatto notare il presidente del Consiglio, perché potranno fruttarne altri 4-5. E sono 500 le società da 60 Paesi, che quest’anno al Forum nella capitale degli zar sono tornate a discutere attivamente con i partner russi di business, di prospettive immediate, di sviluppi una volta allentate le sanzioni. Putin ci conta, anche se sa bene che a fine giugno quelle europee saranno rinnovate. Dopo oltre due anni di muro contro muro con l’Ovest, dice: “non escludo che si possa tornare alla guerra fredda”, monito a cui Renzi ha replicato che guerra fredda non è un concetto da terzo millennio. Da Pietroburgo, però, il segnale del mondo degli affari, e non solo, è che bisogna cominciare a guardare ai rapporti con la Russia con maggiore pragmatismo. Perché le sanzioni pesano e perché il Paese di Putin, dopo anni di profonda crisi economica, sta per ripartire. 
Dopo un inizio 2016 che ha fatto temere il peggio, essenzialmente a causa dei prezzi del petrolio a cui resta appeso il Pil russo, l’economia sta dimostrando di avere resistito meglio del previsto. E se pure il quadro resta delicato, si moltiplicano i segnali incoraggianti. Il ritorno alla crescita è imminente, ha confermato il capo della Banca centrale, Elvira Nabiullina, che in questi giorni ha indicato come obiettivo “il ritorno al 4% di inflazione”. In realtà, la situazione non è così semplice, è il verdetto emesso da esponenti governativi, analisti, esperti che hanno animato i dibattiti al meeting sul Baltico. La grande paura resta quella della stagnazione, dopo la recessione. Al Forum pietroburghese si è discusso molto anche della necessità di rilanciare il tanto promesso corso di riforme. E Vladimir Putin, pur difendendo quanto fatto finora, ha incaricato il suo ex ministro delle Finanze Aleksey Kudrin, voce liberal molto apprezzata anche in Occidente, di proporre un pacchetto di misure in vista delle prossime presidenziali, nel 2018. Perché, ha avvertito il capo del Cremlino, senza “riforme strutturali”, la crescita resterà al lumicino e non ci saranno risorse da spendere per fare avanzare il Paese. L’argomento non è nuovo, ma ora diventa necessità pressante, dopo due anni di sanzioni, di greggio ai minimi, di rublo debole: serve un’economia meno dipendente da energia e materie prime. La sfida è così rilanciata, dal Forum che ha visto il ritorno del grande business straniero in Russia.