Caldo, fakes news e troll: per i cittadini c’è poco da stare tranquilli

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Anto’, fa caldo, si schermiva la procace signora alle avances del marito, in un indovinato spot pubblicitario: come a dire, non ci pensare. Ma se ci metti, con l’afa e il tasso di umidità che ti fiaccano, le zanzare che ti infastidiscono, l’immondizia tornata ad accumularsi lungo le strade che ti indigna, la crisi che – hai voglia a dire – non è ancora finita (almeno per i più), anche le notizie di segno opposto che dai Palazzi escono, si rincorrono e smentiscono, è forse davvero il caso di non pensarci.
Peraltro, con le fakes news – alimentate non so quanto involontariamente da quello che Umberto Eco definita il popolo di imbecilli che con i social ha acquisito libertà di parola – abbiamo appreso ora anche dell’esistenza dei troll, ovvero, di comunità virtuali che amplificano a dismisura consenso e dissenso. Invero, c’era già di che sospettarlo, e di preoccuparsi se poi si parla di democrazia digitale.
La manipolazione dell’informazione non nasce però con internet, semmai acquista nuove e più subdole connotazioni. È sempre esistita, fin dai tempi remoti e raggiunge il massimo soprattutto in tempo di guerra. E noi – non c’è dubbio – siamo in guerra più spesso di quanto si crede. Con l’avvento di Trump alla Casa Bianca, per esempio, abbiamo scoperto la guerra commerciale; con Lega e 5Stelle al governo la guerra delle fakes news; con i nipotini dei comunisti a palazzo Chigi la guerra delle banche; con i Mondiali di calcio la guerra dei diritti televisivi. E via di seguito.
Ma restiamo all’oggi. “Cittadini, tranquilli”, ripetono Luigi Di Maio e Matteo Salvini, “non ci saranno aumenti dell’Iva, soltanto tagli agli sprechi”. Servono, però, non poche risorse per avviare da subito flat tax e reddito di cittadinanza che “non si prenderanno – assicurano – né da un aumento dell’Iva, né dalla cancellazione degli 80 euro”. Sarà. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ricorda però che le coperture vanno trovate e la revisione Iva e trasformazione degli 80 euro sono due ipotesi. A chi dare credito?
Insomma, i tagli di spesa, che per i soli ministeri andrebbero ben oltre i due miliardi, rischiano di non bastare (peraltro le stime del Pil vanno riviste al ribasso: dall’1,5% all’1,2% secondo alcuni). Il leader M5s annuncia battaglia in Ue per avere margini e andare oltre i parametri di rientro del deficit. Film già visto. In ogni caso la coperta è corta e, oggettivamente, sul lato da cui tirarla non c’è accordo, mi pare. Così rischia, per dire, di essere rinviata la riforma della legge Fornero, cavallo di battaglia leghista: sulle pensioni si farebbe solo “quota 100”. Ma sul punto Salvini è irremovibile.
Intanto, dall’energia elettrica ai ticket sanitari, passando per le assicurazioni, la quota di “spese obbligate” nel 2018 si attesta al 40,7% sul totale dei consumi, in calo di circa un punto rispetto al 2014 ma ancora con “un’elevata incidenza”, che arriva a pesare “quasi 7.300 euro l’anno pro capite”, informa l’ufficio studi della Confcommercio. E tra le uscite vincolate, per le quali il cittadino “ha poca, o nessuna, libertà di scelta”, la voce abitazione è quella più rilevante: tra affitti, manutenzioni, bollette e utenze assorbe “quasi 4.200 euro”.
Ma fa caldo, lasciamo perciò da parte le vicende interne. Anche se una cosa va ricordata a futura memoria ed è questa: la Consob sapeva fin dal dicembre del 2013 della gravissima situazione in cui si trovava Banca Etruria, grazie ai documenti e alle informazioni ricevute da Bankitalia, e dunque “le sanzioni comminate ad amministratori e sindaci per le supposte mancate informazioni contenute nel prospetto dell’aumento di capitale di fine 2013 sono frutto di un procedimento avviato tardivamente”, scrive la Corte d’Appello di Firenze nella sentenza che ha annullato, appunto, alcune sanzioni emesse dall’Autorità dei mercati finanziari nel 2017 in relazione a questa vicenda.
Il fatto è che volgendo lo sguardo oltre la cintura daziaria nostrana le vicende degli altri non ci aiutano ad essere ottimisti. Gli Usa hanno imposto nuovi dazi per altri 16 miliardi di dollari sull’import dalla Cina. Ovviamente, la risposta di Pechino non si è fatta attendere. Le contromisure includono nella lista 333 beni tra cui veicoli, carburanti, cavi di fibre ottiche, carbone, asfalto, vaselina. Prodotti di plastica e anche materiali riciclabili. La cosa non ci toccherà direttamente, ma indirettamente sì. Si veda, per esempio, la crisi in Turchia, cui le decisioni Usa non sono estranee, dove le banche italiane, in primis Unicredit, sono esposte per 16,9 miliardi di dollari che s’è trascinata giù Piazza Affari e tutte le borse europee. Infine, c’è la conferma della Bce di uscire dagli acquisti netti di titoli a partire da gennaio, dopo che questi scenderanno a 15 miliardi al mese dai 30 attuali.
Anto’, fa molto caldo!

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