Primi segnali di ripresa nel 2015, ma il 2016 sembra destinato ad essere il vero anno di svolta anche a livello regionale, con un ritorno della crescita su tassi pari allo Primi segnali di ripresa nel 2015, ma il 2016 sembra destinato ad essere il vero anno di svolta anche a livello regionale, con un ritorno della crescita su tassi pari allo 0,5%. E’ quanto emerge dalla lettura dei dati economici effettuata dall’Area Research & IR di Banca MPS, che ha analizzato le peculiarita’ del territorio e la dimensione economica della Campania. Secondo le stime Prometeia, confermate anche dall’indagine Bankitalia, nel 2013 il Pil campano si contrae del 4%, registrando un calo piu’ accentuato del dato italiano. La regione, secondo gli analisti Mps, soffre di debolezze strutturali che accentuano la caduta del Pil nelle fasi di recessione e bloccano la crescita nelle fasi di espansione. “La ripresa per l’Italia giungera’ da un recupero della domanda estera, fattore che avra’ effetti limitati sul Pil campano a causa della bassa apertura al commercio estero. I consumi delle famiglie, causa la crescente disoccupazione, rimarranno invece molto deboli per tutto il prossimo biennio”. L’analisi sottolinea anche come la ripresa economica della Campania “non puo’ che passare dal rilancio del territorio, dall’innovazione e dal rilancio del turismo. Segnali positivi potrebbero arrivare anche dai settori dell’agroalimentare. Nel complesso la Campania e’ una regione dalle enormi potenzialita’ economiche, potenzialita’ purtroppo frenate da una poco efficiente amministrazione del territorio e dalla presenza, in alcune aree, della criminalita’ organizzata”. I dati – Dopo un 2013 particolarmente negativo, il primo trimestre del 2014 si conclude con una dinamica favorevole solo per quanto concerne il fatturato estero (+0,7%) delle imprese campane; una debole ripresa della produzione industriale sembra quindi in atto solo nelle provincie di Caserta e Benevento (in entrambi +0,1%), mentre in profondo rosso rimane la produzione industriale salernitana (-1,1%). Il sistema imprenditoriale mostra un ampio inutilizzo dei fattori produttivi, considerando che il grado di utilizzo degli impianti in Campania e’, nel primo trimestre del 2014, del 75,2% con punte del 77,8% nella provincia di Benevento. L’industria alimentare campana – quinta a livello nazionale per fatturato e prima per presenza di imprese – riveste ancora un ruolo importante per l’economia regionale (circa il 5% del valore aggiunto) pur avendo subito negli ultimi dieci anni una flessione. “Tale realta’ puo’ offrire un’opportunita’ per nuovi investimenti per il miglioramento continuo del prodotto, garantendo quei livelli di qualita’ che solo il made in Italy puo’ offrire”, si legge nel rapporto. I fattori che negli ultimi anni hanno penalizzato la crescita economica della regione e che potrebbero rappresentare i maggiori ostacoli per la crescita anche nel prossimo biennio sono la bassa produttivita’ del settore pubblico ed una scarsa specializzazione delle imprese manifatturiere; l’elevato tasso di disoccupazione; lo scarso peso degli investimenti esteri diretti nella regione (pari allo 0,2%, rispetto all’1,6% nazionale nel 2011). Propensione all’export – Comunque, secondo l’ultimo rapporto sull’apertura internazionale delle regioni italiane di SRM-Intesa Sanpaolo, il grado di internazionalizzazione della Campania (apertura commerciale, investimenti esteri diretti in entrata e in uscita, distanza geografica degli sbocchi commerciali e peso dei nuovi mercati) e’ non soltanto positivo, ma risulta superiore a quello del Mezzogiorno e dell’Italia. Intanto, il comparto delle costruzioni e’ sempre in forte crisi, con i prezzi in flessione anche nel corso dei primi mesi del 2014 e le compravendite che rimangono in segno rosso (-11,8%) nel 2013. Inoltre, le condizioni di credito in Campania sono piu’ sfavorevoli rispetto alla media nazionale a causa di un profilo di rischio delle imprese mediamente piu’ elevato. Secondo stime della Banca d’Italia l’incidenza delle attivita’ economiche irregolari in Campania e’ pari al doppio della media nazionale ed il tasso di ingresso in sofferenza dei prestiti e’ di circa il 25%, superiore di circa il 9% al dato nazionale.