“Canzoniere dell’assenza” di Antonio Spagnuolo, poesia di un’immensa attesa d’amore

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Frammenti di emozioni che hanno trovato il loro pensiero e sono state imprigionate in un verso. Il Canzoniere dell’assenza (Kairós, Napoli 2018, pp. 87, euro 12,00) di Antonio Spagnuolo afferra l’eco di un sentimento infinito e lo libera dentro parole eteree eppure spesse come la trama di un tessuto prezioso, lavorato a mano. L’autore, che ha pubblicato numerosi volumi, molti dei quali premiati, ed è inserito in diverse antologie, riprende il tema delle raccolte più recenti, quello della scomparsa della sua amatissima moglie e del rapporto mai interrotto con lei. La letteratura è ricca di “canzonieri di morte”, pensiamo a Birthday Letters di Ted Hughes, Tema dell’addio di Milo De Angelis, Elegies di Douglas Dunn, gli Xenia che Montale dedicò alla moglie scomparsa Drusilla Tanzi. Lo spazio testuale assume la doppia veste di appagamento sostitutivo del desiderio e di riparazione, luogo di elaborazione del lutto, e spazio mentale della ricollocazione dell’oggetto amato e perduto.

…L’orizzonte incide la tua assenza,
che aleggia timorosa indecisa
nell’eterna vendetta dell’infinito…

Sono lettere d’amore per la moglie Elena dedicate al mondo. Liriche dolenti per l’abbandono e appassionate per una presenza resa immortale dal ricordo e dall’immaginazione. “La sua voce, il suo corpo, gli incontri, il sesso, la vita quotidiana e famigliare, prima la giovinezza poi le altre stagioni della vita: da ogni dettaglio può nascere un verso” scrive Silvio Perrella nella Prefazione.
I profondi solchi dei silenzi della casa ove furono vissuti giorni ricchi, segnano la via al cammino della poesia. Essa solleva un velo sulla bellezza nascosta della vita, su turbamenti, su oggetti, su particolari sfuggenti che diventano, attraverso il senso del poeta, limpidi e autentici. L’io di Antonio Spagnuolo affonda nel dolore della perdita, il tu si rivolge a Elena, non soltanto evocata ma presente con molti elementi fisici, l’amarezza dei silenzi, la dolcezza di un erotismo dolcemente sottinteso. Lo spazio narrativo articola la storia della persona amata in una continua tensione tra passato e presente, tra memoria privata e tracce oggettive, necessaria alla ricerca del senso e dell’accettazione. I versi riflettono l’anima di un uomo profondamente innamorato della propria donna, dell’esistenza e anche del linguaggio. Ardori lirici che creano versi nuovi su pensieri antichi. La parola si fa realtà, la realtà si fa parola, versi raffinati, cesellati come materia preziosa, che rendono tangibili emozioni e momenti, ricreano un mondo interiore e lo cristallizzano in ars poetica.
…Hai negli occhi il fulmine d’autunno,
impertinente e violento, quasi un gioco
che risplende innocente fra le ciglia
e ricama motivi dell’inganno…

“Ora i ricordi sono scottanti, e l’angoscia si corrode nell’impossibilità di un ritorno” confessa Antonio Spagnuolo. Nessuna nostalgia ma un’immensa attesa d’amore in cui lo stile tiene sotto controllo l’ansia e il dolore evocando eros e pathos in un susseguirsi d’immagini, oggetti, simboli, sentimenti. “Da notare – ha sottolineato Raffaello Piazza – che Spagnuolo, pur soffermandosi sempre sullo stesso argomento, realizza un repertorio di variazioni che sembra inesauribile”. La poesia si traduce in musicalità pura e passione erotica, e pare una lenta discesa di Orfeo verso l’Ade alla ricerca di Euridice. “Fare poesia – ha detto l’elettrofisico ungherese Dennis Gaborr – significa pizzicare le corde del cuore, e farne con esse una musica”. Un ologramma poetico in cui i versi
versi ammansiscono sofferenze e inquietudini e l’ombra di lei appare nella mente dei lettori, creando un’atmosfera intima di “atemporale magia” in cui è soave naufragare.