Carceri, Ciambriello e gli altri garanti: Giornali e tv negati ai detenuti. E chiedono di incontrare il capo del Dap

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in foto Samuele Ciambriello

Un incontro con il capo del Dap Bernardo Petralia e il vice Roberto Tartaglia. A chiederlo sono il garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, e i 5 garanti provinciali campani, che oggi hanno incontrato la stampa sui fatti di Santa Maria Capua Vetere. I garanti chiedono anche “un incontro con Gianfranco De Gesu, responsabile nazionale Detenuti e trattamento e designato dal Ministero per la commissione interna per appurare i fatti di Santa Maria Capua Vetere”. Ciambriello fa sapere inoltre che chiederà un incontro anche al nuovo provveditore campano Carmelo Cantone, in sostituzione di Antonio Fullone, tra i destinatari delle misure cautelari eseguite una settimana fa nei confronti di 52 appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria: “Stanno accadendo dei disguidi nelle carceri campane – ha spiegato Ciambriello – in alcune si fanno entrare i familiari, in altre c’è il limite dei figli fino a 14 o 18 anni, in altre nulla. Chiediamo poi – ha aggiunto Ciambriello – il completamento della campagna vaccinale e l’accesso dei volontari esterni, mentre alla magistratura di sorveglianza chiediamo di ridare i permessi per chi già ne beneficiava”.
“Quello che abbiamo visto nei video e nelle foto che stanno girando è solo una parte delle violenze, le immagini più raccapriccianti sono nei video che ha solo la Procura”, ha detto detto Ciambriello. Inoltre, secondo quanto denunciano i garanti dei detenuti della Campania e della provincia di Caserta, Emanuela Belcuore, ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere è stato impedito di guardare la tv e di leggere i giornali nel giorno successivo all’esecuzione delle 52 misure cautelari nei confronti di altrettanti appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria. “Sono balzata dalla sedia – ha spiegato Belcuore – quando diversi familiari di detenuti mi hanno parlato di un blackout elettrico nell’istituto e che i detenuti non hanno potuto guardare la tv, e che i quotidiani regolarmente pagati non erano stati distribuiti. Ci è stato raccontato che alcuni agenti avrebbero riferito ai reclusi di voler dare loro i giornali, ma togliendo prima le foto degli agenti raggiunti da misure cautelari”.

Il gip: Non si tratta di un episodio isolato
Con tutta probabilità la violenza nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere non fu “un mero incidente di percorso”, ma “una costante nel rapporto tra gli indagati e i detenuti”. A sottolinearlo è il gip Sergio Enea, nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale, lo scorso 28 giugno, ha disposto arresti in carcere, ai domiciliari, obblighi di dimora e provvedimenti di interdizione nei confronti di 52 persone, tra agenti della Polizia Penitenziaria, comandanti e funzionari dell’Amministrazione Penitenziaria. Nella Parte III dell’ordinanza il giudice spiega che i provvedimenti erano necessari in quanto sussistenti “il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove”. La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, nel frattempo, ha presentato appello al Riesame contro la decisione del Gip di respingere alcune richieste di misure cautelari, come quella inflitta al provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, sospeso dal servizio perché accusato di depistaggio e favoreggiamento, per il quale erano stati chiesti i domiciliari. Il rapporto tra agenti e carcerati, fatto di violenza, è “inaccettabile” in uno Stato di Diritto, evidenzia Enea, rimasto particolarmente colpito dalla “assoluta naturalezza e mancanza di ogni forma di titubanza con cui gli indagati hanno sistematicamente malmenato le vittime”.
Un rapporto tra agenti e carcerati, fatto di violenza, è “inaccettabile” in uno Stato di Diritto, evidenzia il gip sammaritano Sergio Enea, rimasto particolarmente colpito dalla “assoluta naturalezza e mancanza di ogni forma di titubanza con cui gli indagati hanno sistematicamente malmenato le vittime”. Lo si evince dai video acquisiti durante l’indagine, che si è pure tentato di alterare nell’ambito dell’azione di depistaggio scattata per nascondere quella che sarebbe dovuta essere “una perquisizione straordinaria”. Enea ritiene, infatti, che se si fosse trattato di un episodio del tutto isolato, “era lecito attendersi che gli agenti avrebbero mostrato quantomeno una qualche esitazione… sarebbe emerso nitidamente dai filmati”. “Ma ciò – scrive, lapidario, il giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – non traspare nel modo più assoluto”, “…nei loro gesti non c’è mai quella esitazione che inevitabilmente avrebbe manifestato anche visivamente colui che non è affatto aduso al compimento di atti di estrema violenza”. E che la violenza sia percepita dagli agenti “come un presidio di sicurezza essenziale” lo si deduce anche, sottolinea Enea, dall’analisi dei messaggi in chat trovati sui cellulari sequestrati agli indagati. In uno, inviato la notte tra il 5 e il 6 aprile, quella seguente la protesta dei carcerati innescata dalle preoccupazioni per il caso di Covid, peraltro scoperto attraverso i media, c’è tutta la delusione degli agenti della Penitenziaria, manifestata dal comandante al provveditore: “Il personale smcv è molto deluso” e ancora “si sono raccolti per contestare ‘operato del comandante”. Insoddisfazione a cui fanno da contraltare le esclamazioni di giubilo, sempre in chat, sia immediatamente prima, sia dopo la perquisizione straordinaria giudicata come “un completo successo”. “Allora apposto domani chiave e piccone in mano”, “ok domate il bestiame” e “abbiamo ristabilito l’ordine e la disciplina”. E ciò “che agli occhi del cittadino comune appare una orribile mattanza”, alla Polizia Penitenziaria diviene “una operazione eseguita in modo brillante ed efficace di cui coloro che l’hanno diretta sul campo si sono ampiamente vantati con i loro interlocutori”. Il giudice, infine, stigmatizza il comportamento dei vertici dell’amministrazione penitenziaria regionale “da cui era lecito aspettarsi quantomeno la volontà di fare luce in ordine ai gravi episodi denunciati dai detenuti” e invece “si sono, fin da subito, adoperati per salvaguardare in ogni modo la posizione” di coloro che sono “implicati nelle violenze, rendendosi disponibili… al confezionamento di atti falsificati da inoltrare all’Autorità Giudiziaria”.

Il garante dei detenuti di Napoli: Violenze non solo a Santa Maria Capua Vetere
“Quello che è successo a Santa Maria Capua Vetere è stato una cosa eclatante, ma non è accaduto solo lì”. Lo ha detto il garante dei detenuti di NAPOLI, Pietro Ioia. Nel corso di un incontro con la stampa, Ioia ha lanciato un appello “agli altri colleghi garanti dei detenuti di altre città. Queste cose succedono anche in altre carceri del Sud, del Centro e del Nord”. Ioia, ex detenuto che ha trascorso alcuni anni nel carcere napoletano di Poggioreale, ha spiegato che “il sistema Poggioreale”, al quale alcuni agenti della penitenziaria fanno riferimento nelle chat finite nell’ordinanza del gip, “non esiste più. Era il sistema per cui i poliziotti in branco assalivano i detenuti, successe anche a me tanti anni fa. Oggi non esiste più”.