Celebrazioni per il 25 aprile, manifesto delle Terre di Don Diana contro la camorra

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Nel giorno della Liberazione dal Nazifascismo, il Comitato Don Diana lancia l’appello contro le nuove forme di camorra, quasi una “road map” di progetti e azioni concrete per liberare una volta per tutte il territorio casertano dalla piaga mafiosa e renderlo più vivibile. La sintesi è nel Manifesto delle Terre di don Peppe Diana, frutto di un Patto d’azione corale con il contributo di magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, medici, docenti, sociologi, cittadini, imprenditori, sacerdoti, economisti, formatori, amministratori, studenti, operai e volontari.
A febbraio, il Comitato don Peppe Diana, con il coordinamento provinciale di Libera Caserta, aveva lanciato un appello a tutte le categorie per mettere a sistema le conoscenze e le esperienze acquisite nel tempo e nei diversi settori di competenza. Il risultato è appunto questo documento che indica soluzioni e dà suggerimenti per superare le criticità relative a temi come la giustizia, lo sviluppo locale, il welfare sociale ed una buona pubblica amministrazione. Sul tema della giustizia, e di quelli correlati di ambiente, risorse e salute, è necessario, si legge nel manifesto, “serrare le fila del contrasto con magistratura e forze dell’ordine di alta professionalità giudiziaria, cercando magari di limitare o rendere meno frequente quella turnazione che rischia di interrompere indagini, far perdere il filo delle connessioni spesso sfuggevoli”. Il manifesto dice “no all’autoreferenzialità dell’associazionismo”, che deve aprirsi ad un’idea di sviluppo che non abbia paura di confrontarsi con il mercato del profitto.
C’è infatti la necessità di rendere più efficace e concreto le collaborazioni socio-economiche tra imprese sociali e imprenditori sani del mondo profit. Si chiede poi esplicitamente di “ripartire dal rilancio socio economico del territorio di Castel Volturno come luogo prospettiva che vuol dire orientamento di risultato e avere obiettivi. Si tratta di risanare un territorio dalle potenzialità enormi per troppi decenni abbandonato a se stesso”.
Sul tema dello sviluppo locale, il Manifesto propone “un nuovo sistema di welfare con al centro il riutilizzo dei beni confiscati, la cui ristrutturazione potrebbe essere inserita nei Piani triennali delle opere pubbliche o comunque nei piani urbanistici locali”. Urge inoltre un “percorso di recupero dei familiari dei camorristi o degli stessi ex camorristi che espiata la pena decidono di cambiare vita, chiedendo una chance alla società, è chiaramente non oltre rinviabile. Alla base del percorso è fondamentale la pubblica abiura di quell’ex camorrista o familiare, rispetto all’intero sistema criminale”.
Per ridurre e arginare il fenomeno della corruzione nella Pubblica amministrazione, che mina la fiducia dei cittadini, andrebbero previsti “migliori e più efficaci strumenti di valutazione e selezione della classe dirigente, la rotazione dei dirigenti di settore anche tra Enti diversi, soprattutto quelli degli Uffici tecnici, per evitare assuefazione e comportamenti abitudinari e a volte scontati e sfrontati”. Bisognerebbe poi “stimolare la partecipazione e la semplificazione amministrativa per dare risposte più immediate e istituire un Osservatorio provinciale sulla corruzione”.