Censis, Welfare: spesa pubblica in picchiata. Mezzogiorno in affanno

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L’andamento del Fondo per le politiche sociali, istituito nel 1997 per trasferire risorse aggiuntive agli enti locali e garantire l’offerta di servizi per anziani, disabili, minori, famiglie in difficolta’, testimonia il progressivo ridimensionamento dell’impegno pubblico sul fronte delle politiche socio-sanitarie e socio-assistenziali.Rosario Altieri Lo evidenzia il Censis, nell’ambito dell’annuale appuntamento di giugno “Un mese di sociale”, giunto alla XXVII edizione, dedicato quest’anno al tema “Rivedere i fondamentali della societa’ italiana”. Oggi sono intervenuti il presidente del Censis Giuseppe De Rita e la responsabile dell’area Welfare e Salute Ketty Vaccaro, Rosario Altieri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative, Aldo Bonomi, direttore del Consorzio Aaster, Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione Con il Sud, e Fabio Toso, Vicedirettore della Fondazione Opera Immacolata Concezione. Le risorse assegnate al Fondo sono passate da 1,6 miliardi di euro nel 2007 a 435,3 milioni nel 2010, per poi scendere a soli 43,7 milioni nel 2012 e infine recuperare in parte negli ultimi due anni fino ai 297,4 milioni del 2014 – sottolinea il Censis -. La riduzione e’ stata dell’81% nel periodo 2007-2014, gli anni della crisi. Anche il Fondo per la non autosufficienza e’ passato dai 400 milioni di euro del 2010 al totale annullamento nel 2012, per poi risalire a 350 milioni nell’ultimo anno. Secondo gli ultimi dati disponibili, la spesa sociale dei Comuni supera i 7 miliardi di euro l’anno, pari a 115,7 euro per abitante. Complessivamente, la spesa e’ destinata per il 38,9% a garantire interventi e servizi, per il 34,4% al funzionamento delle strutture, per il 26,7% ai trasferimenti in denaro.

Sud penalizzato

Carlo BorgomeoIl Mezzogiorno è l`area del Paese in cui è maggiore il peso dei trasferimenti statali rispetto alle risorse proprie dei Comuni. Al Sud queste ultime coprono meno della metà delle spese per il welfare locale, a fronte di una media nazionale del 62,5%. Di conseguenza, i tagli ai trasferimenti statali hanno un impatto diretto sulla riduzione delle risorse disponibili e quindi dei servizi destinati al sociale a livello locale, ampliando il divario già profondo tra Nord e Sud. In questo scenario, sono fondamentali le reti di sostegno informali, con il ruolo centrale della famiglia. Il volontariato e il non profit rappresentano però una componente fondamentale del nostro modello di welfare, in grado di contribuire in modo significativo all`erogazione di servizi e prestazioni sul territorio, garantendo la tenuta sociale rispetto agli impatti della crisi. Le istituzioni non profit nel nostro Paese sono più di 300.000 e vi operano 5,4 milioni di persone tra lavoratori e volontari. Anche in questo caso la distribuzione territoriale evidenzia profondi divari. Le istituzioni non profit sono 104 ogni 10.000 abitanti in Valle d`Aosta, 100 in Trentino Alto Adige, 82 in Friuli Venezia Giulia, ma solo 41 ogni 10.000 abitanti in Calabria, 40 in Sicilia, 37 in Puglia, 25 in Campania. Le associazioni non riconosciute sono più di 200.000 (il 66,7% del totale), più di 68.000 sono associazioni riconosciute (22,7%), le cooperative sociali sono oltre 11.000 (3,7%), più di 6.000 le fondazioni (2,1%), oltre 14.000 sono istituzioni con altra forma giuridica (4,8%). Sul totale delle istituzioni non profit, quelle impegnate nel settore sanitario e nell`assistenza sociale sono 36.000 (rappresentano il 12% del totale), precedute da quelle attive nel settore cultura, sport e ricreazione, che da sole rappresentano il 65% del totale.