Cna, Regione riveda le norme sulle imprese funerarie

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In foto Giuseppe Oliviero

“I vincoli imposti dalla nuova legge regionale sulle imprese funerarie porteranno molte imprese anche con una lunga storia imprenditoriale alle spalle, a chiudere i battenti e a consegnare quella storia in altre mani”. Così Giuseppe Oliviero, presidente Cna Campania Nord (che comprende Napoli, Caserta e Benevento) lancia in una nota della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e Piccole Imprese l’ultimo appello della categoria affinché la Regione Campania modifichi la legge regionale sul settore che impone alle imprese funebri l’obbligo delle assunzioni a tempo indeterminato e continuativo di almeno lavoratori più il direttore tecnico. La trattativa, avverte Cna, è ormai a un bivio e potrebbe sfociare a breve in un ricorso al Tar da parte degli imprenditori di un settore che conta circa 700 imprese in Campania con migliaia di lavoratori a rischio. “Pensiamo – spiega Oliviero – che la Regione Campania non possa essere più realista del Re, e così come definito in altre Regioni, è possibile ricomporre l’esigenza di una evoluzione e ammodernamento del settore, soprattutto in ragione della delicatezza dei servizi che si prestano, con l’altrettanta legittima aspirazione delle imprese a poter continuare la propria attività. Auspichiamo, quindi, la ripresa di un confronto con la Regione Campania e la reciproca disponibilità a riconoscere le ragioni dell’altro. Bisogna prendre atto che siamo di fronte ad una di quelle azioni di governo che ha prodotto una scarsa connessione sentimentale tra governanti e popolo”. “Le delibere della Giunta del Presidente De Luca che hanno dato la stura all’ultima azione di protesta delle imprese funerarie della Campania, sono intervenute su un provvedimento del 2013 del Consiglio Regionale a guida Caldoro, su cui la CNA aveva già espresso perplessità”, si sottolinea in una nota. “All’epoca – ricorda Oliviero – la nostra organizzazione aveva indicato come criticità proprio l’obbligo delle assunzioni a tempo indeterminato e continuativo di almeno quattro unità lavorative più il direttore tecnico per ogni impresa. Tale livello organizzativo, se pure auspicabile, si scontra con una realtà imprenditoriale costituita da piccole e piccolissime imprese artigiane e non, che avrebbero grandissima difficoltà a sostenere i costi derivanti da tali assetti organizzativi. Pensiamo che proprio questa consapevolezza stia producendo profondi rancori e spinte allo scontro, con la Regione e con i Comuni che sono chiamati a redigere i regolamenti attuativi ed il rilascio delle relative autorizzazioni”.