Cognizioni misteriche, al Grenoble il viaggio tra simboli e miti di Chafcouloff e Daidone

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“Il lavoro dell’artista è sempre quello di approfondire il mistero” ha affermato Francis Bacon e sta in questo senso infinito il seme di ogni arte, di ogni scienza. All’istituto Grenoble di Napoli, Tatiana Chafcouloff e Maria Pia Daidone illuminano il fascino segreto di due città uniche con opere che fondono suggestioni. Un’esposizione coinvolgente, curata da Maurizio Vitiello, in cui seguendo percorsi paralleli e con diverse tecniche espressive, le due artiste propongono fino al 3 giugno, Cognizioni misteriche tra Napoli e Parigi, un viaggio tra simboli e miti ancestrali. 
La napoletanità di Maria Pia Daidone, che da anni ricerca l’icasticità del mondo antico e l’arricchisce di dettagli antropologici contemporanei, racconta i prodigi di Virgilio, primo protettore di Napoli: “Mosca d’oro”, “Sanguisuga d’oro”, “Cavallo di metallo”, “Cicala di rame”, “Vento”, “Pesce”, “Uovo filosofico”, il “giardino magico”. Alle storie antiche seguono quelle di un tempo più sacro. Le pregiate scatole della memoria custodiscono le ampolle di sei santi che hanno in comune con il patrono la liquefazione del sangue. Accanto a loro, i numi tutelari delle anime del purgatorio, simbolo della religiosità popolare più profonda. Seguono i simboli alchemici di Raimondo de Sangro e della Cappella Sansevero, rosso, oro e nero per evocare sensi esoterici e un ignoto sapere contenuto nelle lettere del principe. All’entrata, il “Mantello”, un’opera in rame di profonda valenza simbolica e di grande raffinatezza in cui si fondono energia spirituale femminile e sapienza artistica. Più in là le figure in carta preziosa di draghi e diavoli suggeriscono le forme antropomorfe delle chiese gotiche ed è la prima sovrapposizione tra le due ispirazioni che ricercano analogie di ampio respiro, facendo emergere confronti ed evocazioni. 
 
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L’apparente esuberanza della creatività partenopea di Maria Pia Daidone si diluisce lentamente e lo sguardo si volge con trepidazione alle architetture di Notre-Dame di Tatiana Chafcouloff.  Le sue visioni in carboncino e china dorata, il rosso, il nero, il bianco della carta, ne ricordano l’importanza religiosa e culturale e l’eredità esoterica. Nata a Tolone ma di origine greca, ha studiato all’Accademia de Belle Arti di Napoli e ha lavorato a Londra. La sua arte è elegante, predisposta alla gestualità operativa dall’uso della china che non si cancella, “non nasconde, esalta la linea della continuità, perché non è previsto il ritorno, il ripensamento.”  Il tratto scivola seguendo il pensiero in un tempo infinito che si sovrappone e scopre relazioni segrete.
L’opera “Origini d’oro” ci parla del mistero della nascita di Parigi e della forma geometrica dell’uovo, riunendo idealmente la capitale francese e quella partenopea. Un piccolo quadro a china nera e foglio d’argento su tela, chiamato “OreblA”, che raffigura un albero immerso nei riflessi delle foglie d’argento, fa riferimento al processo alchemico. Si ritiene che esso possa trarre all’interno della terra le cose le più scure e nere e le porti alla luce, le trasformi e le riporti dentro la terra. È il legame tra il mondo di sopra e quello disotto, è la fonte della conoscenza.  Sacro e profano si mescolano e la Tour Eiffel si accosta ai simboli della morte e della religione. Con “Incroci bizantini”, fondo gesso e china, riemergono dall’oblio i morti del cimitero de “L’île des cygnes”, mentre i lavori in cartapesta riproducono immagini luciferine spesso rintracciate nelle chiese come simbolo di eternità. “Grand rouge”, invece, è ispirato agli uccelli a becco lungo, come il pellicano, modello dell’amore genitoriale e, nel Cristianesimo, simbolo di sacrifici, di martiri e della resurrezione. 
Tatiana Chafcouloff e Maria Pia Daidone hanno lavorato a stretto contatto definendo similitudini e confronti ma una sola opera è a quattro mani, “San Gennaro e Saint Denis”, entrambi decapitati. 
Un grande lavoro metaforico e artistico che rende il senso del tempo passato e, soprattutto quello della meraviglia e del soprannaturale che appartiene profondamente all’umano sentire. Una mostra da guardare con gli occhi ma soprattutto con l’anima scevra da ogni preconcetto, alla ricerca dell’eterno sapere universale.