Colpo alla ‘Ndrangheta, de Magistris: Indagai gli stessi inquisiti oggi ma fui fermato

1142
in foto Luigi de Magistris, sindaco di Napoli

“Negli arresti di oggi in Calabria leggo di fatti e persone che furono anche oggetto di alcune delicatissime inchieste di cui ero titolare quale pm presso la procura della Repubblica di Catanzaro, negli stessi uffici oggi diretti dal procuratore Gratteri. Il mio procuratore della Repubblica nel 2007, Mariano Lombardi, mi revocò l’inchiesta Poseidone quando notificai un’informazione di garanzia all’avvocato Pittelli, che all’epoca dei fatti era Parlamentare e coordinatore regionale di Forza Italia”. Lo sottolinea in un lungo post di Facebook il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. “L’avvocato Pittelli era amico del procuratore, era stato il suo avvocato, e pochi mesi prima aveva assunto nella società a lui riconducibile, il figlio della moglie del procuratore – ricorda – l’inchiesta Poseidone stava portando alla richiesta di misure cautelari per fatti gravissimi che riguardavano illeciti nella gestione di fiumi di denaro pubblico destinati, in particolare, alla depurazione delle acque ed al settore ambientale. Nell’ottobre dello stesso anno, mentre mi accingevo a scrivere le misure cautelari, mi fu avocata illecitamente anche l’inchiesta Why Not, in cui erano indagati, tra i tanti, sia Pittelli che Nicola Adamo, all’epoca dei fatti segretario regionale dei Ds. Nell’inchiesta WhyNot avevamo individuato un sistema criminale che vedeva coinvolte persone delle istituzioni, politici, imprenditori, professionisti. In entrambe le indagini un ruolo fondamentale fu assunto dalle massonerie deviate. Le indagini mi sono state sottratte da magistrati e il Consiglio superiore della magistratura, invece di tutelare chi indagava su corruzioni e criminalità organizzata, mi tolse le funzioni di pubblico ministero e mi trasferì per incompatibilità ambientale, con un procedimento disciplinare rapidissimo e surreale. Ero incompatibile con un ambiente mafioso che invece si è lasciato operare per dieci anni. Una vergogna di Stato con mandanti ed esecutori ai vertici delle istituzioni. Oggi leggo, a distanza di oltre dieci anni, che l’avvocato Pittelli è stato tratto in arresto per associazione mafiosa e Nicola Adamo è destinatario della misura cautelare del divieto di dimora. Avevamo scoperto un sistema criminale devastante e siamo stati fermati da quelli che ci dovevano coprire le spalle. La magistratura negli anni ha accertato la correttezza del mio operato e ha verificato le attività illecite commesse ai danni miei e dei miei più stretti collaboratori. Nessuno mai ci restituirà quello che ci è stato scippato. Oggi, però, è un giorno buono. Lo dedico a quelli che con me non mollarono mai, pur pagando un prezzo professionale e umano devastante”.

L’indagine

Politici, avvocati, commercialisti, funzionari infedeli dello Stato e massoni – riporta l’Ansa – figurano tra i 334 arrestati della maxi operazione “Rinascita-Scott” condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Tra loro anche l’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, accusato di associazione mafiosa. Tra gli arrestati c’è anche il sindaco di Pizzo e presidente di Anci Calabria Gianluca Callipo, del Pd, l’ex consigliere regionale del Pd Pietro Giamborino (ai domiciliari) e il segretario del Psi calabrese Luigi Incarnato (domiciliari). Il gip ha imposto il divieto di dimora in Calabria per l’ex parlamentare ed ex assessore regionale del Pd Nicola Adamo, indagato per traffico di influenze. Tra gli arrestati c’è anche l’ex comandante del reparto operativo dei carabinieri di Catanzaro Giorgio Naselli, adesso comandante provinciale a Teramo, trasferito nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.L’operazione ha disarticolato tutte le organizzazioni di ‘ndrangheta operanti nel Vibonese e facenti capo alla cosca Mancuso di Limbadi. Complessivamente sono 416 gli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose.I carabinieri stanno notificando anche un provvedimento di sequestro beni per un valore di circa 15 milioni di euro. L’imponente operazione, frutto di indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d’Italia dove la ‘ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardi, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria. “È la più grande operazione dopo il maxiprocesso di Palermo”, ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. “Abbiamo disarticolato completamente le cosche della provincia di Vibo – ha aggiunto – ma ha interessato tutte le regioni d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Nell’ordinanza ci sono 250 pagine di capi di imputazione. È stato un grande lavoro di squadra fatto dai carabinieri del Ros centrale, di quello di Catanzaro, e del Comando provinciale di Vibo Valentia. Alla fase esecutiva dell’operazione hanno preso parte circa 3000 militari con tutte le specialità, dal Gis al Tuscania ai Cacciatori, tutte le sezioni Ros d’Italia e tutti i carabinieri della Calabria”.Solo pochi giorni fa, il neoprocuratore di Vibo che si è insediato ieri Camillo Falvo, salutando i colleghi della Procura di Catanzaro – dove per la Dda seguiva l’area di Vibo – aveva detto “ora o mai più”. “Se era un riferimento a oggi? Anche” ha detto Gratteri.