Il passaggio verso un mondo virtuale è in corso, se non è già avvenuto come in molti casi. Anche le relazioni interpersonali nell’evoluzione hanno subito una radicale trasformazione privilegiando la comunicazione a distanza via social a quella face to face. Per quanto riguarda il lavoro, poi, la pandemia ha dato una brusca accelerata allo smart working dal quale è oggettivamente complicato tornare indietro. Ma non è questo un trattato di sociologia né si propone di voler rinverdire i tempi antichi considerandoli migliori di quelli attuali. Il progresso non si può arrestare. Anche per quel che riguarda i soldi stiamo assistendo ad un vero e proprio cambiamento che porterà alla totale scomparsa dei contanti in favore di monete digitali. Se oggi parole come POS e pagamenti elettronici sono diventate di ordine comune, altrettanto è destinato ad accadere anche con le criptovalute che in realtà stanno già entrando nelle nostre vite più di quanto si possa immaginare. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa sono e a raccogliere quante più informazioni è possibile sull’argomento.
Cosa sono le criptovalute
Per darvi una definizione affidabile di cosa sia una criptovaluta ci affidiamo alla Treccani che la etichetta come una: “Valuta alternativa rispetto alle valute a corso legale, il cui funzionamento è assicurato da sistemi crittografici, che ne assicurano movimenti e transazioni.” La differenza rispetto alle monete tradizionali è che la criptovaluta non esiste in forma fisica e non è controllata né gestita da nessuna autorità centrale. Tutte le informazioni sulle transazioni che avvengono attraverso questa modalità di pagamento vengono memorizzate in un registro centralizzato. Oggi sono considerate un bene a sé stante che non rientra in alcun tipo di categoria preconfigurata quindi: di fatto non sono una merce, non sono una moneta, non sono un titolo finanziario. Ad oggi nel mondo esistono complessivamente oltre 17500 criptovalute tra le quali la più famosa è sicuramente il Bitcoin. Principalmente vengono utilizzate su internet come forma di pagamento alternativa attraverso circuiti esterni al sistema bancario. Qualcuno, di recente, le avrà usate addirittura per pagarci i regali di Natale per bambini.
Storia del bitcoin
31 ottobre 2008. A molti di voi questa data non dirà nulla di rilevante, ma in termini di criptovalute parliamo di una giornata dal valore storico. Proprio in quel giorno, infatti, l’inventore del bitcoin, tale Satoshi Nakamoto, lo pubblicò su una mailing list di crittografia. Dopo gli step successivi il 9 gennaio dell’anno successivo, quindi pochi mesi dopo, venne alla luce la prima versione ufficiale del software. Chiaramente in una fase iniziale il valore di mercato del prodotto era praticamente nullo così come inesistenti erano gli utilizzatori. Solo gli appassionati di informatica ne erano realmente incuriositi ma tutto finiva lì finché non iniziò poi ad essere utilizzato all’interno della community dei cyberpunk per rendere anonimi i pagamenti. Il primo pagamento in Bitcoin della storia per un bene materiale è avvenuto poi nel 2010 quando furono ordinate due pizze pagate la bellezza di 10.000 BTC. Questo fu un passaggio chiave, per quanto banale, per arrivare a stabilire un prezzo di mercato dei Bitcoin che in un anno arrivò a toccare il picco massimo di 32 dollari con una crescita esponenziale rispetto agli 0,06 dollari iniziali. Il boom vero e proprio delle criptovalute c’è stato poi a partire dal 2017 con la nascita di altre monete virtuali che erano andate ad affiancare i Bitcoin.
La regolamentazione delle criptovalute in Europa
Anche l’Unione Europea, come era logico che fosse, è entrata in campo per regolamentare l’utilizzo delle criptovalute. L’anonimato infatti consentirebbe alle attività che utilizzano questa formula di pagamento di evitare che venga tracciato finendo di fatto fuori dal radar fiscale delle autorità. Il primo step, ma non l’unico, è quello di tassarle – strategia che dovrebbe andare in atto a partire dal 2023. Tutte le società impegnate nel mondo crypto, nelle intenzioni dell’UE, dovranno segnalare le partecipazioni dei loro utenti europei alle autorità fiscali. Questa manovra dovrebbe portare anche le società straniere, con sede quindi fuori dall’Unione Europea, a registrarsi presso gli enti fiscali locali per poter continuare a lavorare. Il ritorno, secondo i calcoli fatti, potrebbe essere addirittura di 2,4 miliardi di euro. In Italia nelle Legge di Bilancio 2023, che per il momento è soltanto una bozza, compaiono ben cinque articoli dedicati alle criptovalute, alla regolamentazione della tassazione e delle attività svolte in relazione ad esse. Una premessa doverosa: storicamente, essendo state considerate come valuta estera, le criptovalute hanno sempre goduto di aliquote fiscali più bassi. Ora, invece, i piani prevedono di imporre un prelievo del 26% sui profitti superiori a 2.000 euro realizzati sul trading di criptovalute. Il governo Meloni proverà a spingere gli italiani a dichiarare la presenza di beni digitali all’interno della dichiarazione dei redditi. La tassa prevista sarebbe del 14%. L’esempio da seguire è quello del Portogallo che si è mosso in anticipo in tal senso introducendo un sistema di tassazione.
I rischi delle criptovalute
Il principale difetto delle criptovalute è che sono volatili. Il loro valore può sensibilmente cambiare dall’oggi al domani anche di centinaia se non di migliaia di dollari. Il secondo aspetto riguarda invece la regolamentazione, per la quale però gli organi competenti hanno già iniziato a muoversi per risolvere i problemi di anonimato che si nasconde dietro le monete virtuali. Ci sono poi tutti quegli errori che possono essere imputabili a problemi tecnici o di hacking, sempre dietro l’angolo quando si parla di materiali così sensibili. Senza dimenticare l’imperfezione insita negli esseri umani. Bisogna poi fare attenzione al riciclaggio in criptovalute che si collega all’aspetto della regolamentazione e dell’anonimato già ampiamente citato. I criminali invadono come sappiamo ogni settore e questo, così delicato, non poteva restare immune da ogni attacco. Nascondere guadagni illeciti convertendoli in criptovalute è un metodo utilizzato per rendere difficile il lavoro alle autorità nel recuperare la fonte dei soldi. Inoltre, per chi si occupa o intende occuparsi di trading, ci sono diversi altri rischi dei quali tenere conto. Tra questi le interruzioni e gli hard fork che rappresentano una variazione di protocollo rispetto a quella originaria. Come in ogni campo, insomma, una dose di prudenza non è mai un male.