Condono, sì della Consulta. D’Angelo: Non cambia nulla

71

In Campania 300.000 abusi edilizi giacciono, ad oggi, in attesa di un condono. Le richieste di regolarizzazione pendenti riguardano quelle avanzate secondo le leggi del 1985 e del 1994. Qualcosa potrebbe cambiare all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale che ha esaminato la legge regionale 16/2014, impugnata lo scorso anno dal Governo in virtù del possibile rischio di condonare attività edilizie svoltesi successivamente alla chiusura dei termini del condono stesso. La Consulta ha dato ragione alla Regione Campania, spostando da dicembre 2006 al 31 dicembre 2015 il termine entro cui le Amministrazioni locali devono pronunciarsi sulle domande di regolarizzazione presentate ai sensi del primo (legge Nicolazzi 47/1985) e del secondo condono (legge 724/1994). La questione, in realtà è meno complessa di quanto appare.Guido D'AngeloC’è grande confusione sull’interpretazione della sentenza – chiarisce Guido D’Angelo, docente di Diritto dell’edilizia e dell’urbanistica alla Federico II di Napoli -. In sintesi, non è cambiato proprio niente: molti ci hanno visto la possibilità di un nuovo condono ma questo non è possibile, perché i termini sono tutti scaduti. Quello che la sentenza dice è che sono riaperti i termini soltanto per presentare atti e documenti integrativi alle domande già presentate”. In sostanza, è tutto ancora in mano ai Comuni che si dovranno pronunciare sulle richieste. “È probabile ma non automatico che, presentando nuovi documenti, per le amministrazioni sia più semplice decidere”, aggiunge D’Angelo. Entro quando dovranno farlo, però, non è specificato. La legge regionale prevede che nelle zone sottoposte a vincoli che non comportano l’inedificabilità assoluta, il titolo edilizio in sanatoria possa essere rilasciato senza il consenso delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. La sanatoria viene invece esclusa nelle zone ad inedificabilità assoluta se il vincolo è stato imposto prima della realizzazione dell’opera da condonare. Allo stesso tempo, sono consentiti gli interventi per l’adeguamento antisismico e l’efficientamento energetico degli immobili nella zona rossa del Vesuvio. Quanto agli immobili da demolire – 80.000, secondo le stime avanzate dal neo presidente della Regione Vincenzo De Luca all’indomani della sua elezione – la questione è più delicata. L’ex sindaco di Salerno, infatti, di fronte alla mancanza di cave per i materiali di risulta, ha ipotizzato la necessità di un nuovo condono. “Una volta emesso l’ordine di demolizione – prosegue D’Angelo -, e trascorsi 90 giorni dal provvedimento senza che sia stato ottemperato, il manufatto e l’area circostante divengono di proprietà del Comune, che ha facoltà di demolirlo, ma, nei casi in cui ciò sia possibile, anche di fittarlo o di venderlo”.