“La decisione odierna del Consiglio del Stato è l’ennesima dimostrazione che la burocrazia in Italia mette in ginocchio il Paese, crea una grande incertezza per le competenze venute dall’estero, dopo aver lasciato solide e prestigiose posizioni professionali per candidarsi alla guida dei musei italiani. Tutto questo è gravissimo e nuoce moltissimo all’Italia e agli italiani” ha affermato il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger commentando la decisione odierna del Consiglio di Stato, che ha nuovamente dichiarato illegittime le nomine dei direttori non italiani.
La sentenza
C’è un “contrasto giurisprudenziale” alla base della decisione della VI sezione del Consiglio di Stato che ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione sui direttori stranieri dei Musei. E’ quanto si legge nella sentenza pubblicata oggi. L’atto spiega che una precedente sentenza del Consiglio di Stato del 24 luglio 2017 “ha ritenuto che l’attività di direttore del museo statale non potrebbe intendersi riservata a cittadini italiani e che sarebbero di per sé legittimi gli atti che hanno consentito la partecipazione di cittadini italiani dell’Unione e la loro nomina tra i vincitori”. Ma ora il collegio della VI sezione “ritiene che si possa dare un’interpretazione diversa”. E per questo richiama il regolamento emanato con il Dpcm 171 del 1994, “mai successivamente abrogato”, che richiede “imprescindibilmente la cittadinanza italiana per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale”. I giudici sottolineano come questa norma “sia applicabile nel presente giudizio e non si ponga in contrasto con la normativa Ue”.
Il commento di Bellenger
“I successi della riforma Franceschini sono sotto gli occhi di tutti – dice Bellenger – e non solo in termini numerici, come aumento dei visitatori, ma anche in termini di visibilità: i musei, le loro preziose collezioni, le mostre e le altre attività sono tornati nella coscienza e nel dibattito pubblico dopo molti anni”. “Noi continuiamo a lavorare sereni agli importanti progetti pluriennali sul museo e sul bosco – conclude Bellenger – perché una seria politica culturale non si improvvisa, ma si programma almeno per il quinquiennio successivo”.