Roma, 9 nov. (AdnKronos) – Si infiamma il caso banche: la Commissione d’inchiesta si trasforma in ‘ring’. Da una parte la Banca d’Italia, dall’altra la Consob. Entrambe tornano infatti in Commissione dopo gli interventi della scorsa settimana per fornire maggiori chiarimenti su alcuni punti, prima singolarmente e poi uno contro l’altro in una sorta di confronto all’americana.
A sferrare il primo colpo è la Consob. Nel corso dell’audizione, il direttore generale Angelo Apponi ha rivelato che “nel 2013, in prossimità dell’aumento di capitale di Veneto Banca, la Banca d’Italia inviò una lettera alla Consob in cui si segnalava che l’operazione sarebbe stata ‘strumentale al perseguimento degli obiettivi del piano’ dell’Istituto di credito e ‘non escludeva eventuali acquisizioni che avessero avuto determinate caratteristiche'”.
Secondo la Consob, Bankitalia, che si dovrebbe occupare della stabilità delle banche, non segnalò alcun “problema di sofferenza”. E anzi – ha sottolineato Apponi – indicò che l’operazione era “strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare eventuali acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità”.
BPVI – Il direttore generale della Consob affronta poi l”affaire’ Banca Popolare di Vicenza. E anche in questo il colpo è diretto: a seguito dell’ispezione effettuata da Bankitalia nel 2007, “la Consob – ha riferito – non ha ricevuto alcuna informazione sul prezzo delle azioni”. Al termine dell’ispezione, spiega, “ci è stata trasmessa unicamente la parte che riguardava l’operatività in derivati otc e discuteva delle condizioni in cui veniva fatta operatività dei derivati nei confronti di alcuni operatori professionali”.
Inoltre, afferma il direttore generale Consob, i dati forniti dalle banche venete ”erano falsi”. Il sistema della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, ha spiegato Apponi, ”è basato su analisi di tipo statistico”. Di conseguenza ”mi sembra chiaro che se elaboriamo dati forniti dagli intermediari, la vigilanza può trovare un ostacolo nel momento in cui vengono comunicati dei dati fasulli”. E ha precisato: ”Chi diffonde dati falsi risponderà delle proprie azioni”.
La replica di Bankitalia – “Non abbiamo mandato le informazioni alla Consob perché ipotizzavamo che i problemi fossero procedurali, risolvibili e affrontabili da parte nostra”, ha detto il capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, sul caso della Banca popolare di Vicenza, aggiungendo: “Pensavamo che i problemi fossero non solo di nostra competenza ma alla nostra portata”.
Inoltre a metà 2014 Bankitalia ha trasmesso a Consob informazioni “sulla rischiosità patrimoniale” e sulle criticità di governance di Veneto Banca, puntualizza Barbagallo aggiungendo che in quella comunicazione “si fa riferimento di nuovo alla lettera del novembre del 2013 che comprende anche il tema del prezzo”. In sostanza, ribadisce, su Veneto Banca sono state trasmesse “le informazioni che avevamo e anche un richiamo al prezzo nel 2014”.
In ogni caso, “se Consob riteneva di non avere i mezzi per fare la verifica poteva chiedere a noi e non lo ha fatto”, ha sottolineato Barbagallo, sul caso della determinazione del prezzo per l’aumento di capitale di Veneto Banca. Anche “in ambito comitato tecnico poteva chiedere queste valutazioni – continua – se non avesse avuto mezzi poteva dirci che non li aveva e avremmo ispezionato noi”. Dal nostro punto di vista, sottolinea ancora il responsabile di Palazzo Koch, “i contenuti del documento ispettivo del 2013 era più che sufficiente a fare scattare un warning, poi se l’Autorità non agisce… magari in ambito comitati tecnici c’è stato uno scambio ma io non siedo nei comitati tecnici”.