Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 18 luglio all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Nell’affollata sala dei Quartieri spagnoli, la voce più autorevole e “ascoltata” è quella che non si è sentita. La “voce” che l’arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia ha affidato a un messaggio il cui contenuto non ha lasciato indifferente la platea di dirigenti e militanti Pd convenuti per definire la strategia del partito contro il disunitario progetto Calderoli-Salvini. Una lezione di Storia e di Diritto costituzionale, un forte richiamo ai valori etico-morali che caratterizzano la democrazia italiana “nata con il Risorgimento e rinata con la Resistenza” (così i più prestigiosi meridionalisti).
I PUNTI FERMI DELL’ ARCIVESCOVO. L’autonomia differenziata, come proposta, ”lacera il senso dello Stato”, cancella d’un colpo “quel bagaglio ricchissimo di conquiste democratiche realizzate dalle lotte popolari dall’Unità a oggi”. Soltanto lo Stato, nella sua completezza di territori, funzioni, diritti-doveri, può garantire “la oggettiva parità fra i cittadini”. Ecco, invece, cosa anima la riforma che si vorrebbe imporre al Paese: ”la voglia di fare da soli, per se stessi e senza gli altri”. Nettamente al contrario, ”la bellezza della nostra Costituzione è nella sua inscindibile unità fra autonomie e solidarietà, fra libertà individuale e azione sociale, fra singoli territori e unità nazionale”. Una Chiesa compatta nel “no all’autonomia che isola”. Così anche l’appello per le zone interne lanciato dai 30 vescovi riuniti a Benevento da tutta Italia. Iniziativa dell’arcivescovo sannita Felice Accrocca, presente il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana.
A NAPOLI IL PD PERDE UN PEZZO. Non una semplice fronda, ma una vera e propria spaccatura quella provocata da Vincenzo De Luca, governatore della Campania dal 2015, che ostentatamente ha disertato la due giorni di riflessione sull’autonomia differenziata. Schierati con lui i consiglieri regionali eletti nel Pd e il figlio Piero che siede alla Camera dei Deputati. In sostanza: De Luca padre insegue il terzo mandato che però Elly Schlein gli nega; il figlio Piero rimosso dalla vice presidenza del gruppo parlamentare. Terzo “affronto”: De luca chiede a gran voce, e ad horas, un congresso regionale mentre la segretaria nazionale gli manda due commissari, il deputato Antonio Misiani a Napoli e, a Caserta, Susanna Camusso (leader della Cgil dal 2010 al 2019, ora senatrice eletta proprio in Campania a dispetto di De Luca?).
SINISTRA NEI GUAI. Non basta l’abbraccio di Elly Schlein con il presidente Stefano Bonaccini a nascondere la preoccupazione per il ribellismo deluchiano e per le mosse che ne potranno derivare: Lista civica alle Europee del prossimo maggio e per le regionali del 2025? La Schlein ha fatto ricorso perfino alla “mozione degli affetti” quando ha preso in prestito Curzio Malaparte per ricordare che a Napoli (dove lei ha preso più voti per la Segreteria nazionale), un lutto (per estensione il problema della divisiva autonomia leghista), è un lutto comune, è il dolore di ciascuno, di tutta la città; la fame di uno solo è la fame di tutti, non v’è dolore privato a Napoli”. Ecco perché -ha concluso- siamo decisamente contrari a un Paese che “ci vuole lasciare più soli, più disuniti, più poveri a partire proprio dal Sud”. Ora il “caso Campania” è la più dolorosa spina nel fianco della Sinistra. Un attento osservatore come Umberto Ranieri aveva infatti immaginato la “due giorni partenopea” come segno di un impegno a riorganizzare idee e forze proprio per rilanciare, nel Sud, l’iniziativa della principale forza di opposizione.
GIORGIA E LA SCUOLA. Tutta la formazione scolastica deve rimanere sotto la gestione e il controllo dello Stato. Così la premier ferma il progetto leghista. Per la fuga degli studenti, i dati Istat sono infatti impietosi. In Campania c’è il 20 per cento di abbandoni scolastici: dieci volte più del Trentino. I laureati costretti a cercare lavoro all’estero. Le carenze del sistema equivalgono drammaticamente, per gli studenti meridionali, a due anni di scuola ”buttati”, nel senso che non fanno curriculum per il mercato del lavoro. Un ulteriore allargamento del divario Nord-Sud sarebbe un duro e irrecuperabile colpo per l’intero Paese.