di Salvatore Magliocca
Il nuovo Codice degli Appalti, malgrado il correttivo e tutto il lavorio generato dagli apparati delegati alla costruzione di un quadro normativo chiaro, continua ad essere un serio problema alla crescita economica del Paese per “l’effetto freno” che genera nel settore degli appalti pubblici.
Infatti in una recentissima occasione di confronto il presidente dell’Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili Giuliano Campana, si è rivolto alle autorità e alle istituzioni lanciando un appello che ha lasciato letteralmente sconcertati i gran commis dello Stato presenti e delegati per le rilevanti responsabilità collegate alla ricostruzione post terremoto nell’Italia Centrale.
Lo stesso presidente Giuliano Campana in un impeto di sfogo ha dichiarato che il Centro Italia post terremoto “potrebbe diventare il cantiere più grande d’Italia, dove le nostre imprese possono dimostrare cosa possono fare, come è stato fatto per l’Expo. Ma c’è un fatto: per l’Expo non c’era il codice degli appalti, che oggi crea enorme difficoltà”. L’uscita del presidente dei costruttori non ha del tutto sorpreso gli alti dirigenti presenti: Paola De Micheli, Commissario straordinario per la Ricostruzione, Bruno Frattasi, Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, e Massimo Sessa, presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici.
Diciamo pure che l’Ance ha sempre condotto una forte battaglia contro alcuni paletti utilizzati dal codice, come quello che limita il subappalto al 30%, in netto conflitto con le direttive CEE a favore della concorrenza. Ma le divergenze di vedute non si limitano solo a questo. Da tempo si vocifera che l’Associazione stia approntando un testo alternativo e molto semplificato per sostituire il vigente codice.
“Chiedo un decreto di sospensione del codice degli appalti e un incontro con il presidente Gentiloni, i ministri Delrio, Orlando e con il presidente dell’Anac Cantone. È un codice infausto, così siamo bloccati, non si può procedere”, ha dichiarato il Presidente dei costruttori.
In effetti anche il Presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone ad Ancona, in un recente convegno avente per oggetto sempre la ricostruzione post sisma ha avuto modo di considerare le difficoltà generali che si sono venute a creare con il nuovo codice e soprattutto non nascondendo una vena di pessimismo per i tempi necessari al lavoro ancora da svolgere.
Il presidente Campana ha continuato la sua filippica imperterrito. “Qui non si tratta di corruzione, siamo i primi a non volere infiltrazioni delittuose. Vogliamo ricostruire il Paese come hanno fatto i nostri padri nel dopoguerra. Operiamo in quadro normativo molto articolato e complesso, che stenta produrre risultati concreti in termini di ricostruzione”.
I dati sono indicativi: sono state presentate 1.024 pratiche per la ricostruzione privata nelle Marche, tra danni lievi, ricostruzioni degli immobili produttivi e danni pesanti. Di queste solo per 101 casi sono stati avviati i lavori, che riguardano per lo più la riparazione di danni lievi.
Inoltre le deroghe al Codice degli appalti sul fronte della ricostruzione pubblica, nate dall’esigenza di superare la fase emergenziale e garantire i servizi primari, non hanno prodotto i risultati sperati. Il programma straordinario scuole dopo quasi un anno ha visto l’aggiudicazione di soli due interventi dei 21 previsti, con ben 13 procedure negoziate andate deserte.
Come già indicato per l’Ance il codice non costituisce un problema circoscritto ai lavori nelle zone terremotate, l’impatto negativo è per tutto il settore. Non è un mistero che dei circa 60 provvedimenti attuativi previsti all’interno dell’articolato del Codice ne sono stati pubblicati soltanto 15. Ma la cosa più grave è che all’appello mancano due pilastri fondamentali: quello sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e quello sui commissari di gara.
Chiedere la sospensione del Codice potrebbe è sicuramente una richiesta irrituale. Ma bisogna riconoscere che le ragioni dei costruttori siano più che fondate e una riflessione generale si rende assolutamente necessaria. Ma ipotizzare che per il rilancio del settore bisogna abolire il codice degli appalti, lascia intendere quanto questo paese abbia bisogno di un’opera di semplificazione e deregolamentazione.