Un consorzio internazionale di ricercatori, coordinati dall’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (Niaid), dalla Rockefeller University (New York) e dalla Universita’ di Parigi, ha descritto il ruolo essenziale degli interferoni nella correzione della risposta immunitaria alla malattia: soggetti che si ammalano che neutralizzano tali molecole (autoanticorpi) o difetti genetici che ne condizionano l’espressione tendono a sviluppare forme particolarmente gravi di malattia. I risultati spiegano la ragione per cui i soggetti di eta’ piu’ avanzata sono piu’ suscettibili alle forme severe di Covid-19. I risultati dello studio, pubblicati su due lavori apparsi sulla prestigiosa rivista Science Immunology, potranno avere importanti ricadute anche nella gestione clinica della malattia. L’Universita’ di Milano-Bicocca, in sinergia con l’Asst di Monza, ha contribuito in modo sostanziale a questi risultati importanti contribuendo con il progetto “Storm, diagnostici e terapeutici relativi ai pazienti Covid-19 ricoverati presso l’ospedale San Gerardo di Monza, coordinatore da Paolo Bonfanti, professore di Malattie infettive di Milano-Bicocca e implementato dall’ufficio Bicocca Clinical Research Office (BiCRO). Per la ricerca pubblicata su “Science Immunology”, in particolare, e’ stato fondamentale l’apporto della raccolta del materiale biologico residuo derivante da tamponi e prelievi dei pazienti, coordinata su iniziativa di Andrea Biondi, professore di pediatria di Milano-Bicocca.
“Questi studi sono la prosecuzione di un progetto di ricerca internazionale iniziato fin dai primi mesi della pandemia – affermano Paolo Bonfanti e Andrea Biondi – volto a studiare le cause alla base dell’estrema multiformita’ della malattia, che puo’ manifestarsi con uno spettro che varia dall’infezione asintomatica alla morte rapida. si sono concentrati sulle cause genetiche di tali diversita’ ed in particolare sul ruolo di alcune proteine prodotte dalle cellule del sistema immunitario, come gli interferoni, che condizionano la risposta favorevole a Covid-19”. Il dato molto importante che emerge dalla ricerca e’ che la presenza di autoanticorpi precede l’insorgenza di Covid-19. In secondo luogo, i pazienti con autoanticorpi contro l’interferone di tipo I dovrebbero essere vaccinati contro Covid-19 prioritariamente. Le persone non ancora vaccinate in cui fosse rilevata la presenza di questi autoanticorpi, dovrebbero essere ricoverate in ospedale per una corretta gestione clinica. Il trattamento precoce con monoclonali potrebbe essere fondamentale in questi pazienti prima che compaiano sintomi di Covid-19.