Coviello: Brasile, crisi storica alla vigilia delle Olimpiadi

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E’ improbabile che la festa delle Olimpiadi faccia dimenticare ai brasiliani il peso della peggiore crisi economica da 25 anni. Secondo il Fondo monetario internazionale, infatti, il Pil del Brasile, nonostante i giochi, si contrarrà del 3,5% nel 2016, dopo aver perso 3,8 punti lo scorso anno, la caduta peggiore da un quarto di secolo. Gli economisti di Washington non credono quindi che da Rio 2016 arriverà una spinta all’economia del Paese, nonostante il Brasile abbia messo a budget una spesa per la manifestazione di 6,7 miliardi di euro, che potrebbe lievitare fino a 10 miliardi. L’anno dei giochi si avvia ad essere il secondo consecutivo di recessione. E’ la prima volta da quando sono disponibili le statistiche che il Brasile, che tra il 2000 e il 2010 è cresciuto a una media del 3,7% annuo, mostra il segno meno sull’attività economica per due lustri di fila. Ma non è l’unico dato negativo. L’Instituto Brasileiro de Geografia e Estatistica (Ibge) rileva un tasso di disoccupazione che viaggia all’11,3% nel secondo trimestre del 2016, ai massimi dal 2012 e in crescita di 0,4 punti sui tre mesi precedenti. Rispetto a un anno prima, si conta un 38,7% di disoccupati in più, pari a un aumento di 3,2 milioni di persone senza lavoro. Soltanto tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno i disoccupati sono cresciuti di 497.000 unità. “È effettivamente crisi profonda”, spiega Antonio Coviello, economista e ricercatore dell’Istituto di ricerche su innovazione e servizi per lo sviluppo (Iriss) del Cnr di Napoli, questo nonostante “negli ultimi 10 anni le fila della classe media si siano arricchite di ben 30 milioni di nuovi arrivati, provenienti dalle classi più umili”. Non sarà facile godersi lo spettacolo nemmeno per chi un’occupazione ce l’ha. Il salario medio continua ad essere mangiato dalla recessione. Nel secondo trimestre è calato a 1.972 reais (circa 605 dollari), ovvero l’1,5% in meno del primo quarto dell’anno e il 4,2% in meno se si confronta con le retribuzioni di aprile-giugno 2015. E il valore reale dei salari deve misurarsi con una inflazione galoppante, che ne erode ancora di più il potere d’acquisto, con tassi annui prossimi al 10%. Il Brasile non è stato negli anni scorsi un esempio virtuso nel saper sfruttare a fini economici un grande evento. Nel 2014, quando si sono tenuti nel Paese i Mondiali di calcio, il Pil è aumentato di appena lo 0,1%, dopo il brillante +7,5% del 2010. Paradossalmente uno dei motivi è stato proprio l’evento sportivo. La stesso governo ha dovuto ammettere di aver concesso troppi giorni festivi in occasione dei Mondiali, con il conseguente crollo dell’attività in settori come il commercio al dettaglio e la manifattura. Lo stesso governo che aveva propagandato il Mundial come un volano per la crescita del Brasile. Alla fine del 2014 la produzione industriale, stando ai dati della Confederazione nazionale delle imprese (Cni), la Confindustria brasiliana, risultava crollata di 8 punti percentuali. A zavorrare la performance economica dell’economia di Brasilia sono soprattutto il comparto minerario, la cui caduta si riflette su un altro comparto, l’industria. Nel 2015 i due settori hanno mostrato contrazioni rispettive del 6,6 e del 6,2 per cento. Il crollo delle commodity ha colpito l’export dei due principali beni esportati dal Brasile, i minerali ferrosi e la soia. La flessione del prezzo del petrolio sotto quota 50 dollari al barile ha inoltre affondato i risultati del gigante petrolifero statale, Petrobras, impegnato in esplorazioni in acque profonde che richiedono un petrolio a 70 dollari al barile per raggiungere la redditività. Ma la pessima salute del Pil dipende anche dal fallimento delle politiche della presidenta, Dilma Rousseff, che è intervenuta pesantemente sull’economia, spaventando gli investitori esteri con misure come la compressione forzata di tariffe e accise che non garantivano più un ritorno. Nel solo dicembre 2014 sono fuggiti capitali per 14,5 miliardi di dollari, un record. Inoltre la presidenta – attualmente sospesa per impeachment in attesa di un voto parlamentare sul suo futuro previsto per il 29 agosto – con la sua politica aggressiva di spesa ha portato a un enorme deficit pubblico di 32,5 miliardi di reais (quasi 10 miliardi di dollari) e a un aumento del debito pubblico. Lo stimolo alla domanda interna sembra avere esaurito il suo effetto, con il lascito di un’inflazione alle stelle.