Crediti di sostenibilità, come funzionano e perché non vanno bene ai Paesi poveri

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(Adnkronos) – Ottenere dei crediti in denaro in cambio di progetti che tutelino la biodiversità. La novità è prevista dall’accordo Kunming-Montreal firmato a margine della Cop15 sulla biodiversità tenutasi a Montreal lo scorso dicembre. 

“L’idea è la stessa del mercato volontario dei crediti di carbonio, ma il driver di mercato è la biodiversità”, spiega a economiacircolare.com Frederic Hache, cofondatore del think tank Green Finance Observatory. Avanguardia di questo nuovo mercato è l’Inghilterra che lancerà un prototipo di crediti di sostenibilità a novembre 2023.  

A febbraio il governo Sunak ha dato la sua risposta sul tema del Guadagno Netto di Biodiversità (in inglese Biodiversity Net Gain BNG) inserito nell’Environment Act del 2021. Il BNG è un approccio allo sviluppo e alla gestione del territorio che ha l’obbiettivo di lasciare l’ambiente naturale in uno stato migliore di quello precedente.  

Una caratteristica molto importante, soprattutto per comprendere le reazioni dei Paesi più poveri, è che il guadagno netto di biodiversità può essere ottenuto nello stesso luogo del progetto, ma anche fuori dal sito o tramite una combinazione di misure in loco e all’esterno.  

Nel report “L’economia della biodiversità: The Dasgupta Review”, il governo inglese sostiene che considerare la natura come una classe di beni aiuterà a migliorare la conservazione della biodiversità. Si propone dunque di gestire la perdita o il deterioramento degli ecosistemi con degli asset finanziari.  

Come riporta economiacircolare.com, secondo la nuova legge che sarà in vigore da novembre, tutti i nuovi progetti di sviluppo sul territorio che richiederanno un permesso di pianificazione dovranno garantire di compensare il 100% dell’impatto e di aumentare il valore della biodiversità del sito di almeno il 10%. La regola del 110% richiede inoltre che ogni habitat colpito all’interno del confine sia sostituito da un altro secondo il principio “like for like” o “like for better”.  

Mentre nella prima ipotesi, l’habitat violato va ripristinato nel raggio di 10 km; nella seconda, spiega Hache, “è possibile compensare scegliendo un posto qualsiasi, e non necessariamente con un habitat, ad esempio, di fenicotteri ma con un servizio ecosistemico di valore monetario equivalente”. 

Non sono previste misure vincolanti per dare priorità al contenimento della distruzione rispetto al ripristino, né alcun limite all’uso consentito della compensazione.  

L’idea alla base dei crediti per la biodiversità è quella di attribuire un valore monetario ai lavori che comportano: 

I progetti che mirano alla conservazione o al ripristino di questi servizi possono generare crediti per la biodiversità che possono essere acquistati da enti o imprese interessate a compensare o ridurre il loro impatto ambientale.  

Da una parte, ci sono gli enti che emettono crediti di biodiversità e dall’altra le aziende che li potranno ottenere. Ogni credito viene venduto una sola volta e i prezzi variano necessariamente in base alle specifiche di ciascun progetto. Economiacircolare.com spiega che i crediti, basati sulla performance, vengono immessi sul mercato solo quando il progetto ha raggiunto obiettivi di performance e di gestione verificabili.  

I crediti possono essere creati prima di essere utilizzati e possono essere anche conservati, senza limiti di tempo, fino a quando non vengono assegnati a un progetto. Il governo inglese prevede anche la creazione di banche di habitat per la realizzazione di siti più grandi e strategici per la natura. 

Questo mercato sta già attirando l’interesse di vari enti. Secondo CarbonPulse, ad esempio, l’organizzazione inglese Botanical Gardens Conservation International sta preparando 65 progetti tra Africa, Asia, e Sud America di protezione di specie di alberi minacciate da utilizzare nel prossimo mercato dei crediti di biodiversità.  

Pur essendo il primo accordo globale per garantire la stabilità dei servizi ecosistemici, Paesi come la Repubblica Democratica del Congo hanno cercato di bloccare l’accordo Kunming-Montreal spingendo, invece, per la creazione di un fondo legato alla biodiversità. Il presidente del Camerun ha definito l’accordo una vera e propria “frode”.  

Il passaggio spigoloso, sostengono i Paesi oppositori, è la possibilità di generare crediti di sostenibilità anche in zone lontane da quelle dove si interviene. Una possibile speculazione che il cofondatore di Green Finance Observatory spiega così: “I Paesi ricchi, invece di frenare il loro impatto distruttivo sull’ambiente, pretendono di compensare altrove, preferibilmente nei Paesi più poveri dove la terra è a buon mercato, mettendo in atto qualche piccole azione come il ripristino degli habitat per una particolare specie o pianta”.  

Lo stesso Hache non ha dubbi sul futuro di questo mercato: “Esattamente com’è avvenuto con il mercato volontario di carbonio regolamentato dagli Accordi di Parigi e reso operativo dalla Cop di Glasgow, così la Cop28 renderà operativo il mercato dei crediti di biodiversità”.