Criptovalute in Italia ed Europa: novità legislative e regolamentari

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Le criptovalute hanno guadagnato sempre più popolarità negli ultimi anni, con un numero crescente di persone e aziende che le utilizzano per effettuare transazioni online. Manca ancora, però, sia a livello nazionale che europeo, una norma che permetta di dare risposte concrete ai rischi ed ai pericoli che si nascondono dietro l’impiego di uno strumento ancora troppo poco regolamentato.

L’evoluzione del contesto legislativo europeo in materia di criptovalute

L’UE lavora già da tempo a nuove norme che consentano di aumentare il potenziale delle criptovalute e frenare le minacce. La risposta fornita dall’Unione Europea prende il nome di Mica, acronimo di Markets in Crypto-Assets. Trattasi di un insieme di norme che hanno proprio lo scopo di regolamentare il settore delle criptovalute. Manca ancora l’approvazione del testo finale da parte del Parlamento Europeo ma il via libera dovrebbe arrivare entro la fine della prima parte del 2023.

La proposta di legge MiCA fa parte di un più ampio pacchetto di disposizioni sulla finanza digitale, a sostegno della transizione digitale dell’UE, allo scopo di incoraggiare l’innovazione e garantire, al tempo stesso, maggior tutela per i consumatori. Il Mica nasce con l’obiettivo di fornire maggiori certezze dal punto di vista giuridico, sostenere l’innovazione, proteggere i consumatori e gli investitori, nonché garantire la stabilità finanziaria nell’utilizzo delle criptovalute.

Nel giugno del 2022 è stato raggiunto un accordo provvisorio, a seguito delle modifiche proposte dai deputati europei. Quest’ultimi, in particolare, hanno chiesto alla Commissione di preparare nuove regole per ridurre l’impronta di carbonio delle criptovalute e coordinare la tassazione delle criptovalute per evitare l’evasione fiscale.

Per quanto riguarda i fornitori di servizi, il regolamento si applicherà solo ai soggetti identificabili, escludendo i protocolli completamente decentralizzati per i quali non è possibile individuare il soggetto o i soggetti responsabili. 

La normativa imporrà la costituzione di una società stabilita in uno Stato membro dell’UE, con la possibilità di fornire servizi negli altri Stati membri attraverso una presenza stabile o la prestazione di servizi transfrontalieri. 

Altri requisiti riguarderanno la capitalizzazione minima, che varierà in base al servizio fornito, nonché requisiti di onorabilità e professionalità dei soci con una partecipazione qualificata.

Poiché saranno diversi gli obblighi imposti dal Mica, ci saranno 18 mesi di tempo per l’adeguamento. Chiaramente, il conteggio partirà dal momento in cui il regolamento entrerà ufficialmente in vigore.

Le ultime novità fiscali italiane sulle criptovalute

Il Ddl 2572, che regola la fiscalità delle criptovalute, presentato al Senato italiano nel 2022, contiene importanti novità. L’obiettivo del legislatore è quello di superare l’incertezza della situazione attuale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento fiscale, frutto dell’assenza di norme specifiche. 

L’inquadramento fiscale attuale pone sullo stesso piano le criptovalute e le valute estere, con conseguenze fiscali simili. Il nuovo impianto normativo definisce le valute virtuali come “forme di unità matematica”. 

L’idea alla base del progetto di legge è che il momento impositivo non debba essere il prelievo, come avviene per le valute estere, bensì l’utilizzo o la conversione in una valuta tradizionale. 

L’imponibilità fiscale scaturirebbe dal possesso di valute virtuali per un controvalore superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nello stesso anno fiscale. 

Come funziona, invece, la tassazione sul fronte dei guadagni ottenuti attraverso gli investimenti in criptovalute? La tassazione delle plusvalenze è al 26%. Non tutti, però, sono obbligati a pagarla. L’obbligo scaturisce solo in caso di plusvalenza superiore alla franchigia di 2.000 euro nel periodo d’imposta. Doveroso precisare che le operazioni di passaggio da una criptovaluta all’altra non sono sottoposte a tassazione.

Nel momento in cui il regolamento MICA entrerà in vigore, anche l’Italia, in quanto paese membro dell’UE, dovrà adeguarsi e tenerne conto. Il 2023 sarà, dunque, un anno importante, ricco di novità sia per gli operatori del settore, sia per i consumatori che usano criptovalute come Bitcoin per giocare online, svolgere trading online etc.

Il registro degli operatori delle criptovalute in Italia: vantaggi e criticità

Un’altra novità interessante che, di recente, ha coinvolto il settore delle criptovalute in Italia è stata l’istituzione del Registro Operatori Criptovalute. Attivo dal 16 maggio del 2022, nasce in seguito ad un apposito decreto emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il registro è tenuto dall’OAM, Organismo degli Agenti in Attività Finanziaria e dei Mediatori Creditizi. Ad oggi, sono poco più di 100 gli operatori che hanno richiesto ed ottenuto l’iscrizione presso l’apposito elenco.

Tutti coloro che offrono servizi connessi all’utilizzo di valute virtuali o ai portafogli digitali devono iscriversi al registro. L’obbligo riguarda non soltanto coloro che già operano in Italia ma anche gli operatori che intendono farlo nonché i wallet provider, ossia coloro che garantiscono la sicurezza, il trasferimento e la gestione degli asset legati alle criptovalute.

Attualmente, l’iscrizione al registro rappresenta la condizione fondamentale per l’esercizio di un’attività in questo settore. In tal senso, compito dell’OAM è quello di garantire la trasparenza, l’accessibilità e l’integrità dei dati contenuti in quella parte del registro consultabile dal pubblico.

Dall’altra parte, invece, abbiamo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiamato a redigere, su base semestrale, una relazione contenente i dati degli operatori che si sono iscritti al registro dei prestatori di servizi di criptovalute.

Quali sono, invece, gli obblighi per gli operatori? Essi devono ottemperare ai cosiddetti obblighi antiriciclaggio, in base a quanto stabilito dal Decreto Legislativo n. 231/2007. In particolare, i dati sulle operazioni effettuate in Italia dovranno essere trasmessi ogni tre mesi entro 15 giorni dal termine del trimestre di riferimento, tramite il canale telematico fornito dall’OAM. 

Sarà necessario fornire i dati per l’identificazione di ogni cliente nonché elaborare una sintesi dell’attività svolta. Le informazioni raccolte potranno essere trasmesse dall’OAM a tutti i soggetti che si occupano della lotta contro il riciclaggio, nonché alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

Non sono mancate le polemiche per questa disposizione, soprattutto per le ricadute che genera sotto il profilo della privacy. Le principali perplessità riguardano la costituzionalità della raccolta di un così gran numero di informazioni finanziarie e la loro conservazione in un arco temporale lungo. Sulla questione è intervenuto anche il Garante della Privacy, il quale ha espresso dubbi sulla compatibilità della disposizione vigente con la legislazione sulla privacy.