Roma, 21 ago. (AdnKronos) – LE CONSULTAZIONI – In mattinata Mattarella sentirà telefonicamente il presidente emerito Giorgio Napolitano. Ore 16 è attesa la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, 16.45 il presidente della Camera Roberto Fico. Poi sarà la volta dei gruppi parlamentari: alle 17.30 il gruppo per le Autonomie del Senato; alle 18 il gruppo Misto del Senato; alle 18.30 il gruppo Misto della Camera; alle 19 il gruppo Liberi e Uguali della Camera.
Giovedì si comincia poi alle 10 con i gruppi di Senato e Camera di Fratelli d’Italia; alle 11 i gruppi parlamentari di Senato e Camera del Partito democratico; alle 12 i gruppi parlamentari di Senato e Camera di Forza Italia-Berlusconi presidente; alle 16 i gruppi di Senato e Camera della Lega-Salvini premier; alle 17 i gruppi di Senato e Camera del Movimento 5 Stelle.
L’ultima giornata del primo governo di Giuseppe Conte è finita ieri in una stanza del Quirinale dove, con passo affettato ma sicuro – lo stesso con il quale era entrato qualche ora prima in Senato – si è diretto per rassegnare le dimissioni al Presidente Sergio Mattarella, spezzando anche l’ultima fioca possibilità di una riconciliazione con la Lega. Un’opzione che forse si era tentato di tenere viva un po’ più a lungo con la decisione repentina del partito di Matteo Salvini di presentata solo la settimana scorsa contro il presidente del Consiglio. Ma un’opzione che, da uomo delle istituzioni quale si è proclamato più volte nel suo discorso, Conte non avrebbe mai potuto prendere in considerazione.
Ed è stato quello l’apice, il punto più alto, della sua ultima giornata da premier: l’intervento, che ha tenuto a bada un’aula scalpitante per oltre 40 minuti. “Non è un vezzo da giurista”, ha chiarito subito Conte, quello di riunire i senatori per , “si tratta di rispettare regole che hanno sostanza politica, poste a tutela dei diritti dei cittadini”. Volutamente o meno, mettendo l’accento sull’importanza delle “regole della politica”, Conte ha creato subito un solco profondo , dal quale l’ha apostrofato: “”.
Un Matteo “che prende la grave decisione di interrompere questa esperienza di governo”, che “interrompe bruscamente il disegno riformatore”, che “viola un solenne impegno”, che “espone il Paese al rischio di aumento Iva”, che ‘priva’ l’Italia del suo valore nel dibattito europeo. Nelle cinque premesse iniziali di Conte sono elencate le ‘colpe’ del capo della Lega, approvate dai sorrisi e dai cenni di assenso di Luigi Di Maio, sempre accanto – figurativamente e non – al presidente del Consiglio.
Come tendenza professionale vuole, Conte ha dissezionato e analizzato la crisi punto per punto. Non ha temuto di definirla “una grave imprudenza istituzionale”: votare è democrazia, ma farlo ogni anno è da irresponsabili, ha chiarito. Ha elencato tutti i provvedimenti adottati, scegliendo un climax verbale per sottolinearne la fine prematura, imputandola alla Lega. “Avete oscurato”, “avete offuscato” e infine “avete cancellato”. Dallo ‘sblocca-cantieri’ al Decreto Genova, tutte le idee che ora potrebbero rischiare di non vedere la luce.
Poi si è rivolto all’Aula tutta e ha ringraziato, per buona parte, tutti i collaboratori di quel governo iniziato ufficialmente il 1 giugno 2018 e che finisce un anno e 81 giorni dopo. Ringraziamenti sentiti, che sembrano presagire un accomiatarsi più lungo del tempo di ricerca di un’altra maggioranza. Alcuni suoi fedelissimi sostengono che il Conte bis sia estremamente improbabile, e che all”avvocato degli italiani’ non interesserebbe prender parte alla quasi inevitabile . “Il governo qui si arresta” ha detto Conte, in una scelta di parole che sembra voler sottolineare il proprio carattere definitivo.
Le consultazioni di Mattarella cominceranno già da oggi, alle 16, con i presidenti di Senato e Camera, per poi proseguire con i gruppi parlamentari – dal più piccolo al più grande, nell’arco di due giornate. Sul prossimo governo si intrecciano le trame di chi resta, ma su quello di Conte per ora tramonta il sole.