Cure su misura, un’italiana in Olanda sta realizzando il sogno

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Roma, 16 gen. – (AdnKronos) – In Olanda sta lavorando per realizzare il sogno di una medicina personalizzata, di cure e farmaci ‘su misura’. Lei è italiana, trapiantata all’estero da sei anni dove, presso la Technical University of Delft, ha fondato una delle startup più innovative del settore, la Bi/Ond. Della sua scelta di lavorare fuori dall’Italia, l’ingegnere elettronico Cinzia Silvestri, 32 anni e pugliese di origini, all’AdnKronos dice: “non mi sento un cervello in fuga, perché volevo fare un’esperienza all’estero” ma ammette anche che “oggi il rientro sarebbe complesso, vorrei tornare nel mio Paese e mi piacerebbe portare la mia startup in Italia ma ad oggi non vedo l’ambiente giusto per farlo”.

“L’Europa è una grande possibilità – continua la ricercatrice – E’ riduttivo oggi considerarsi solo italiani o solo olandesi o solo francesi. È importante guardare all’Europa come una possibilità per i giovani di poter fare nuove esperienze e investire nel mercato del lavoro dove più si ritiene opportuno. Questa è l’Europa: poter investire non in un solo Paese ma nell’intero sistema”. L’azienda, creata da due ricercatori italiani (Cinzia Silvestri e Nikolas Gaio) e un costaricano (William Quiros Solano), sviluppa ‘avatar’ di organi umani composti da micro-chip e cellule umane che possono essere utilizzati nello sviluppo di cure e medicinali personalizzati, più sicuri ed efficaci, riducendo costi, tempi e l’uso di cavie animali, e sono già utilizzati da due ospedali olandesi (l’Erasmus Medical Centre e il Leiden University Medical Centre) e da altre università per studi nello sviluppo di cure contro il cancro e malattie neurodegenerative.

Ingegnere elettronico (ha studiato all’Università di Roma Tor Vergata) con dottorato di ricerca in microelettronica conseguito in Olanda, la ricercatrice italiana figura anche nella lista delle “Inspiring Fifty” che ogni anno seleziona le 50 donne che hanno fatto la differenza nel settore tecnologico.

“Nel nostro istituto siamo quasi tutti italiani – continua Silvestri – ed è un peccato pensare che pensare che la maggior parte sono andati all’estero per cercare opportunità migliori, quando in realtà non c’è nulla che non avremmo potuto fare anche in Italia”. Perché, dunque, in Olanda è stato possibile e in Italia no? “In Olanda sono molto sensibili sul tema della medicina personalizzata, e ci sono molti investimenti in startup e istituti di ricerca. Qui, ho avuto l’appoggio dei professori senza dovermi preoccupare del budget, aiutata anche da una burocrazia molto snella che non complica la vita a chi vuole aprire una startup. Il governo olandese ha la possibilità di investire molto, a prescindere dai fondi Ue. Non significa che una tecnologia del genere non possa essere creata in Italia, il problema è avere la capacità economica di svilupparla e portarla sul mercato”.

Bi/ond, spiega la ricercatrice, vuole cambiare il modo in cui i farmaci vengono sviluppati e per farlo fornisce ai biologi che lavorano in ospedali, istituti di ricerca e case farmaceutiche, un piccolo microchip che ‘imita’ le funzioni di un organo. “Immaginiamo di essere dei biologi che vogliono sviluppare una cura per il cuore – spiega la ricercatrice – i biologi possono inserire all’interno del chip le cellule e questo simulerà il funzionamento del cuore battendo con la stessa frequenza e comportandosi come se si trovasse all’interno del corpo. Questo permette di avere una risposta più corretta delle cellule nel momento in cui le sottoponiamo al test di nuovi farmaci”.

E’ il nuovo trend della biotecnologia che unisce biologia e ingegneria. Nello specifico, l’idea di Bi/Ond è di portare l’innovazione spinta dell’ingegneria all’interno di un campo conservativo come la biologia. “L’idea è di dare uno ‘smartphone’ ai biologi e lo facciamo utilizzando il silicio, che è lo stesso materiale usato per i chip di computer e cellulari. Così, abbiamo la possibilità non solo di simulare il movimento meccanico degli organi ma anche inserire sensori ed elettrodi che permettono ai biologi, per la prima volta, non soltanto di avere una ‘finestra’ su ciò che succede nel corpo umano grazie al chip ma anche ricevere dei segnali dalle cellule in tempo reale”.

Un’innovazione che permette anche di tagliare i costi. “Per sviluppare un singolo farmaco bisogna attraversare varie procedure, dai test di laboratorio in vitro ai modelli animali fino ai pazienti o volontari umani. Un iter che richiede 13 anni e 2,3 milioni di euro per ottenere un singolo farmaco che un giorno potrebbe comunque essere ritirato dal mercato – continua Silvestri – La nostra tecnologia migliora questo ciclo: essendo più fisiologico dei test in laboratorio o sugli animali, dà risultati migliori, e riduce il tempo di sviluppo di un farmaco e i suoi costi. Ad oggi il 94% dei farmaci sviluppati fallisce nel momento in cui si passa dai test sugli animali ai trial clinici sugli esseri umani, perché gli animali non sono abbastanza simili all’uomo”.

Da una parte quindi Bi/Ond può realizzare l’obiettivo anche etico di eliminare i test sugli animali, ma l’obiettivo principale è in realtà quello di aprire la strada alla medicina personalizzata. “Immaginate di poter avere un farmaco che è stato testato sulle repliche dei vostri organi con le vostre cellule: questo significa poter essere curati in base al proprio background genetico e in base ai propri bisogni”.

Al momento Bi/Ond sta testando i chip in tre diversi campi: ricreare il cuore su chip utilizzando cellule staminali umane, primo passo verso la medicina personalizzata; sviluppare su chip un cancro al seno su cui testare diverse tipologie di chemioterapia per capire così a quale il paziente è più adatto e quale è più efficace; creare un ambiente utile per sviluppare modelli di cervelli affetti da Parkinson su cui testare le cure e trovare la più adeguata. Bi/Ond nel 2018 si è aggiudicata il per la ricerca che fornisce metodi alternativi ai test su animali e l’Accenture Innovation Award come startup più innovativa nel campo della salute.