Cynthia Penna presenta le nuove icone del XXI secolo: le Black Madonnas di Mark Steven Greenfield

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in foto The French Solution, 2020

L’Occhio di Leone, ideato e curato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

L’Occhio di Leone amplia il suo sguardo definendo le linee di una indagine che valica i confini non già e non solo nazionali, quanto, piuttosto, continentali, interloquendo con la ricerca di Cynthia Penna, importante curatrice napoletana che, da anni, si suddivide tra Los Angeles e Napoli, divenendo punto di riferimento fondante di un dialogo continuo che dalla città partenopea alla città californiana si muove in un flusso sempre più intenso. Un dialogo che è sfociato in un collezionismo colto ma anche nella volontà di dar spazio a residenze artistiche internazionali, in grado di generare un melting pot generazionale ed espressivo.
L’Occhio di Leone, perciò, accoglie il suo punto di vista in merito alle ‘Black Madonnas’ di Mark Steven Greenfield, opere identificate dalla Penna come ‘nuove icone del XXI secolo’. Il passaggio sottolineato dalla studiosa ripercorre un processo millenario che trova la sua ragion d’essere nelle antiche pale medievali europee ed asiatiche per giungere ad un contraltare contemporaneo rintracciabile nel lavoro dell’artista afroamericano.

di Cynthia Penna

Icone russe, pale d’altare del ‘300 italiano, madonne lignee del rinascimento europeo: una quantità di simbologia religiosa che ha ispirato Mark Greenfield per le sue “Madonne Nere” che hanno costituito il corpo di una mostra presentata alla galleria William Turner di Los Angeles e che ha altamente interessato la critica d’arte degli USA negli ultimi mesi.
Il progetto si compone di circa una ventina di opere su tavola tutte di piccole dimensioni il cui fondo è ricoperto di foglia d’oro come le antiche pale d’altare, con un tondo centrale nel quale campeggia la figura della Madonna con Bambino in atteggiamento simile ai quadri religiosi della pittura medievale Europea. Orbene, oltre a queste apparenti similitudini con la pittura bizantina e medievale europea, fonti ispiratrici dell’intero corpo di opere, Greenfield introduce la propria “variante” consistente in un ribaltamento di ruoli e situazioni, rimarcando eventi di stampo politico e sociale accaduti sia nel presente che nel passato.
Innanzitutto salta agli occhi che la Madonna e il Bambino sono persone di colore, per lo più Afro-Americani attualizzati se non nella posa, certamente in alcuni particolari come la foggia dei capelli o oggetti di uso quotidiano della nostra contemporaneità inseriti nella scena domestica.Il bambino che indossa occhiali da sole in “Mississipi Cookout” o le scarpette da ginnastica che invadono la scena della Pietà nel Trittico “Collateral” non hanno nulla di blasfemo e l’idea è ben lungi dal mirare ad una banale blasfemia. Greenfield, pur non essendo religioso, ma rispettando il pensiero religioso in sé, prende a pretesto l’icona religiosa per eccellenza, la Madonna, per inviare un messaggio forte di rispetto per l’essere umano qualunque sia la sua razza, le sue origini o la sua religione. All’interno del “tondo” e in secondo piano rispetto alla Madonna, in luogo dei fondi tradizionalmente innocui della paesaggistica medievale di genere, Greenfield introduce la narrazione di un evento storico o politico che ha inciso sulla coscienza sociale di un popolo. I fondali eterei e sognanti della pittura medievale e rinascimentale vengono rielaborati, anzi vengono sovvertiti dalla narrazione pittorica della nostra più o meno recente attualità.
E così ci troviamo di fronte a scene violente di guerre, esplosioni, impiccagioni, che per la loro dimensione estremamente ridotta rispetto al primo piano della Vergine e del Bambino, e per il loro posizionamento in lontananza rispetto ad essi, assumono un aspetto di “lettura” storica della scena; un background “naturale” apparentemente quasi insignificante rispetto alla scena principale. Come i fondi delle opere antiche erano fondi “naturali” al contesto, fatti di paesaggi campestri dove realmente si svolgeva la vita, in queste opere la contestualizzazione storica e umana è quella della “naturalezza” della violenza degli accadimenti.
In altre opere la storia nella sua accezione di guerre, violenza e sopraffazione viene ribaltata in una descrizione dei singoli accadimenti completamente riletti in chiave di vittoria del vinto.
Sul rogo preparato dal Ku Klux Klan e destinato ai neri del mid-west americano, vengono bruciati gli stessi appartenenti alla setta suprematista bianca. Innanzi ad un palazzo neoclassico del potere politico bianco che viene dato alle fiamme, viene eretta una bandiera sudista. E così la storia viene riletta e ribaltata in favore dei vinti in una sorta di rivincita o di vendetta sul sopruso e sull’ingiustizia.
Un messaggio che va dritto al cuore della politica americana degli ultimi secoli ma che è estendibile del pari all’Europa, alla Cina e a tante nazioni che hanno perpetrato la schiavitù, la sopraffazione, la dittatura e la violenza anche in tempi recentissimi.
Greenfield sfida idee preconcette sulla razza e l’assenza di figure nere in ambito storico di rilievo, attraverso la giustapposizione di innocenza e terrore. L’innocenza del Bambino che gioca sul grembo materno e l’apparente atteggiamento “neutro” e distaccato della Madonna rispetto alla brutalità degli eventi che si svolgono alle sue spalle, va letto come la “voce narrante” della Storia. Non è disinteresse o distacco della religione dagli accadimenti, bensì la denuncia dell’evento in sé come realtà ineludibile che la storia ci ha posto davanti. La madonna gioiosa e sorridente che gioca con il bambino mentre alle sue spalle si dipana una “antologia di morte “ fatta di bombe, impiccagioni, ghigliottine, camere a gas, non può essere interpretata come la banalizzazione del messaggio limitato all’indifferenza della Chiesa cattolica di fronte a questi eventi ma piuttosto come l’ineludibilità storica di tali eventi. Le Madonne nere di Greenfield sono la “voce fuori campo” di un documentario che descrive i negletti della storia, i dimenticati e gli “omessi” dal corso della storia.
Greenfield è un combattente e non vuole limitarsi a descrivere; il suo è un vero atto di accusa contro la cultura, le tradizioni e tutti i credo che hanno formato “questa nostra storia” ; un’accusa dei dissesti del passato e di quelli attuali : un’accusa dell’omissione storica di taluni rispetto alle classi dominanti. La presa di coscienza della presenza “storica” di tutti i negletti e degli emarginati che viene sbattuta in faccia alle classi dominanti attraverso l’uso del simbolo di amore universale per eccellenza. Nello scintillio dell’oro della scena principale, nella sua apparente serenità e nel contrasto con lo sfondo di violenza e morte Greenfield vuole insinuare dubbi e porre domande alle nostre coscienze.
L’artista mette in scena la sua opera con le seguenti parole: “La paura dell’”altro” spesso si trasforma in odio insensato. Tuttavia talvolta il percorso verso l’empatia sta nella visualizzazione della propria vittimizzazione fisica soprattutto se accoppiata a simboli che sono stati associati al concetto di amore universale”. E così le sue madonne nere vengono descritte nella foggia di supereroine con l’intento di indicare piuttosto un’altra via ed immaginare una realtà alternativa, una ri-scrittura della Storia.
Una convinzione ci accompagna alla fine di questo breve percorso: che queste opere scintillanti di oro e di bellezza di Mark Steven Greenfield siano destinate a diventare le nuove “ icone” del 21° secolo.

in foto Chamber Made
in foto Charlie Cha Cha, 2019, Acrylic and Gold Leaf on wood panel
in foto Infelix Lignum, 2020
in foto Mark Greenfield Kid Dynoimite