Da Napoli a Parigi passeggiando con gli occhi. Cognizioni misteriche in mostra

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Due città, due artiste, un fil rouge che attraversa Napoli per arrivare fino a Parigi. Giovedì 18 maggio 2017, alle ore 18.00, presso l’Institut Français Napoli sarà inaugurata la mostra “Cognizioni Misteriche tra Napoli e Parigi”, a cura di Maurizio Vitiello. In esposizioni le opere recenti dell’artista francese Tatiana Chafcouloff e dell’artista napoletana Maria Pia Daidone. Le due artiste, con un diverso approccio tecnico e operativo, propongono respiri simbolici e misterici che lasciano emergere l’identità “glocal” delle due città, in favore sì di una coincidenza tradizionale e localizzata, ma pur sempre all’interno di un orizzonte più ampio e globalizzato.Tatiana predilige la china. “La china non cancella, non nasconde; la china evita gli errori; la china esalta la linea della continuità, perché non è previsto il ritorno, il ripensamento”, spiega Maurizio Vitiello che sottolinea come l’artista presti la tecnica scelta a quell’idea secondo cui sono i profili delle chiese, il compattarsi visivo di monasteri ed architetture ecclesiastiche ad offrire la chiave di un sapere altro, di una via di accesso al sublime. “L’egregia combinazione della Chafcouloff per la visione di Notre Dame, in carboncino e china dorata, ricorda l’importanza di un luogo ecclesiastico vitale e della sua eredità. Tra le sculture dei santi all’entrata di Notre Dame ce n’è uno senza testa, è St. Denis. Secondo la leggenda il martire fu decapitato e quando la testa toccò terra il corpo la raccolse e camminò per sei chilometri.” Lo stesso martirio toccò a San Gennaro, tanto che non sembra un caso il fatto che le similitudini tra le due artiste trovino manifesto in una sola opera comune, “San Gennaro e Saint Denis: analogie”, in un gioco di rispondenze alchemiche tra la città parigina e il centro partenopeo. E fu proprio Napoli, nel 1632, ad essere definita urbs sanguinum per via di quel suo ossequioso custodir reliquie di martiri cristiani: patti con la divinità che si suggellano nel sangue e che nel sangue “che si scioglie” identificano il miracolo. “La Daidone” continua Vitiello, “riesce a smistare una rinnovata attenzione sui misteri del sangue, che a Napoli si ripetono nelle edicole votive, che imprimono una religiosità corrente marcando il senso di una comunità nella sponda della street corner society”.Il tutto immerso in quella che è una rievocazione dell’esprit du temps, un ripercorrere il passato, seppur con un’attenzione forte ai linguaggi del presente, tanto che ci si avvicina all’esposizione come il flâneur di Baudelaire, quel botanico del marciapiede, che passeggiando (da flânerie appunto ), scopre e impara a conoscere il tessuto della città. E lo fa in modo pigro, disinvolto come il turista di oggi, ma senza la stessa frenesia, anzi “con al guinzaglio delle tartarughe”, come ironizzava il poeta francese.  Davanti alle opere della Chafcouloff e della Daidone ci si sente come osservatori urbani, invitati a cogliere, in un vagare intellettuale quanto intuitivo, impressioni estetiche e sociali. E così, passeggiando con gli occhi di opera in opera, di impressione in impressione, ci si trova d’un tratto da Napoli a Parigi.