di Francesco Garibaldi
La “progettualità”, per come questa rubrica la ha intesa finora, è espressione di un obiettivo di sostenibilità, che porti con sé un risvolto sociale, messo in campo perlopiù da aziende, istituzioni o gruppi organizzati di persone.
Ma oggi, a pochi giorni dal santo Natale, e da poco trascorsa la Giornata Mondiale dei diritti del migrante di sabato 18 dicembre, è utile richiamare un esempio di “progettualità individuale”, per non chiamarla “di vita”.
Perché di questo si tratta quando un giovane africano progetta di partire dalla propria città d’origine alla volta dell’Europa, contro tutto e tutti, alla ricerca e nella speranza di un futuro migliore.
In questo caso emblematica è la storia di Mustapha Jawara, ventituduenne gambiano ospite di un centro di accoglienza campano che, da pochi giorni, grazie alla sua iscrizione all’AIA, l’Associazione Italiana Arbitri è diventato il primo arbitro (di calcio) migrante in Campania.
Mustapha è infatti partito dal lontano Gambia, in cerca di una vita migliore, quando aveva 16 anni.
Dopo aver salutato la famiglia, ha attraversato i deserti di Mali e Niger per arrivare in Libia dove, dopo più di qualche peripezia, è riuscito ad imbarcarsi e a salpare su una delle “barconi di fortuna” che attraversano il Mediterraneo.
Sbarcato nel porto di Salerno nel 2015, poco prima del lockdown del marzo 2020 ha conosciuto un arbitro, Massimo Manzolillo, confidandogli il desiderio di diventare un direttore di gara a livello professionistico.
Dando seguito a questa sua passione, Jawara, che lavora in un’azienda di ricambi, ha superato dapprima il corso online e poi le prove fisiche, diventando un fischietto associato della sezione di Sala Consilina, in provincia di Salerno. Circa un mese fa è stato designato per la prima partita.
Mustapha ora ha due sogni. Il primo è quello di emulare il percorso di Bakary Gassama, arbitro internazionale e fischietto visto anche negli ultimi Mondiali, anche lui originario del Gambia. Il secondo sogno è arbitrare Napoli-Juventus.
In serie A. Che, tra l’altro, fa anche rima con: “Chissà”!