Dal lusso alle banche, le mani dei francesi sui marchi italiani

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Roma, 28 lug. (AdnKronos) – di Federica Mochi

Sono veri e propri gioielli del Made in Italy. Marchi iconici, che hanno contribuito a rendere grande il nome dell’Italia nel mondo, ma che lentamente si sono trasformati da fiore all’occhiello del Belpaese in ghiotto bottino per i francesi. Mentre sembra sfumare l’affaire Fincantieri, e prende corpo l’ipotesi di una nazionalizzazione dei cantieri navali, dalla moda alle banche, passando per le telecomunicazioni, l’energia e la grande distribuzione, sono tanti i settori sui quali le società d’Oltralpe hanno messo le mani, conquistando pezzo per pezzo un’importante fetta della produzione italiana.

LUSSO E MODA – Tra i primi brand ad aver ceduto il timone ai nostri vicini di casa rientrano quella legati alla moda e al lusso. Griffe come Gucci, Brioni, Pomellato e Bottega Veneta, finiti in una manciata d’anni nel portafoglio del colosso francese del lusso Kering (ex PPR) guidato da François Pinault, o satelliti del suo rivale Bernard Arnault. Il patron di LVMH negli anni ha rilevato diverse maison, facendo incetta di aziende del lusso Made in Italy. Nel 2001, dopo aver già acquistato Emilio Pucci, Arnault mette gli occhi su Fendi, che acquista con una joint venture in tandem con il gruppo Prada. Poi è la volta di Bulgari, rilevata nel 2011 con un’operazione a 9 zeri e due anni più tardi nella scuderia di Arnault finiscono prima Loro Piana e poi Sergio Rossi. L’ultima operazione italo-francese coinvolge invece la Luxottica di Del Vecchio, che a gennaio ha annunciato la fusione con Essilor. I due big dell’eyewear hanno siglato un accordo per l’intergazione delle due società.

MEDIA E TELECOMUNICAZIONI – Non è solo il lusso, tuttavia, a scatenare gli appetiti dei francesi. La vicenda Mediaset-Vivendi, sfociata in una tormentata battaglia legale, è un esempio calzante. Il gruppo di cui Vincent Bolloré è socio al 20%, ha avviato una vera e propria scalata nel gruppo di Cologno, raggiungendo il 28,8% del capitale dopo aver rinunciato all’acquisto di Premium. Parallelamente, il gruppo che controlla anche Canal+ e Universal Music, ha messo le mani su Telecom Italia, toccando quota 24,68% del capitale.

ENERGIA – A fare shopping in Italia sono anche i francesi di Edf, il gruppo energetico che nel 2012 compra Edison con un’opa che si conclude con l’acquisizione del 98,104% del capitale sociale di Edison. Nello stesso anno iniziano le trattative con Gdf Suez e Suez, che attualmente detiene una quota di Acea pari a oltre il 23% del gruppo energetico capitolino.

FOOD E GRANDE DISTRIBUZIONE – Nel carrello della spesa transalpina sono finite anche Parmalat, Eridania e la catena di supermercati GS. Dopo il crac, nel 2011 Parmalat viene a conquistata da Lactalis, mentre i supermercati Gs cambiano insegna nel 2010 diventando Carrefour, leader mondiale della grande distribuzione, che 10 anni prima aveva rilevato il gruppo fondato negli anni Sessanta da Guido Caprotti (fratello del patron dell’Esselunga, Bernardo) e Marco Brunelli.

BANCHE – L’ombra francese si è proiettata presto anche nella finanza, dove diverse banche negli anni hanno cambiato bandiera. A partire da Bnl, la Banca Nazionale del Lavoro che dal 2006 passa sotto il controllo di Bnp-Parisbas, che ne acquista il 48% da Unipol lanciando poi un’opa sul totale del capitale azionario. Anche Crédit Agricole si rende protagonista di un altro acquisto ghiotto. Dopo la fusione tra Sanpaolo Imi e Banca Intesa, nel 2007 Intesa Sanpaolo gli cede il controllo di Cariparma e Banca Popolare Friuladria. Nello stesso anno, Assicurazioni Generali cede il 100% di Nuova Tirrenia a Groupama per un controvalore di 1.250 milioni di euro, che comporterà per il gruppo una plusvalenza di circa 240 milioni. Recente anche la vendita di Pioneer che da Unicredit è passata nelle mani della francese Amundi per oltre 3,5 miliardi di euro.